«Hanid Bodoui era in Italia da più di dieci anni. È morto impiccandosi in una cella del carcere delle Vallette, poche ore dopo la convalida dell’arresto. Temendo di essere rimandato nel CPR di Gjadër, in Albania, ha scelto di togliersi la vita. Una tragedia terribile, che ci impone di fermarci e guardare in faccia ciò che sta accadendo nel nostro Paese e in nome del nostro Paese» così Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
"Questa non è un’eccezione. È il frutto di un sistema che produce dolore e instabilità, che spezza le persone, che le spinge ai gesti estremi. I centri in Albania sono diventati il motore di una spirale di sofferenza infinita, che non si ferma nemmeno quando ci si illude che l’incubo sia finito. Hanid era uscito dal CPR. Ma la minaccia di doverci tornare è bastata per farlo crollare» prosegue Scarpa.
«Non esiste alcuna “gestione” delle migrazioni che possa passare sopra la dignità e la salute mentale delle persone. Ci troviamo di fronte all’ennesimo fallimento umano e politico. E il fatto che l’eco di questa tragedia sia così flebile nella discussione pubblica la rende ancora più insopportabile. Hanid non è una vittima casuale: è il prodotto di un sistema costruito per schiacciare. Con molti colleghi e colleghe stiamo denunciando da mesi, in Parlamento e fuori, l’assurdità e la pericolosità dell’accordo con l’Albania. E proprio la questione dei rischi per incolumità della salute fisica e mentale è stata oggetto di una segnalazione al CPT da parte mia e della collega Cecilia Strada. Questa operazione del Governo la stiamo definendo per quella che è: un’operazione meschina, che gioca con le vite delle persone per offrire alla propaganda un simulacro di controllo. Oggi questa operazione uccide. E il Governo deve prendersene la responsabilità.»
«A chi oggi piange Hanid, va la mia vicinanza. Ma non può bastare. Serve una reazione politica. Serve porre fine a questo disastro prima che un’altra vita venga spezzata nel silenzio» conclude Scarpa.
“Nuova rimodulazione del PNRR e nuova batosta per il Sud e per Taranto. Altro che rilancio, il Governo Meloni è la condanna definitiva per questa città e per questa terra.” Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico e Capogruppo in Commissione Bilancio a Montecitorio.
“Se le voci che circolano dovessero essere confermate dai fatti, saremmo davanti a una vera e propria congiura contro Taranto. Non è sufficiente lo stato di vergognosa incertezza dell’ex Ilva, ora - a quanto pare - ci si dovrà anche preparare a perdere i finanziamenti PNRR per la linea ferroviaria Taranto-Battipaglia. L’ennesima ingiustificata legnata a questa comunità che, evidentemente, per questa destra rappresenta una terra sacrificabile sotto ogni punto di vista e in ogni ambito. Con quale faccia - conclude Pagano - vengono a sfilare ogni domenica per la campagna elettorale, mentre in settimana smantellano pezzo dopo pezzo i progetti che avevamo finanziato per il rilancio di Taranto. Dai parlamentari ai ministri, questa gente non conosce vergogna.”
“Il Governo dimostra di non avere compreso nulla della sentenza della Consulta che appena qualche mese fa ha stroncato l’autonomia differenziata di Calderoli. Come se nulla fosse accaduto, oggi il CdM approva una delega sostanzialmente in bianco per determinare i Livelli essenziali delle prestazioni in un’infinità di materie, chiedendo a se stesso di disciplinare la qualsiasi estromettendo il Parlamento. Ma l’aspetto più sorprendente, come al solito, riguarda le risorse, visto che nemmeno un euro viene individuato a copertura. Insomma, le Regioni che possono permetterselo, eleveranno i propri standard; chi non può, invece, resterà fermo al palo.”
Così Ubaldo Pagano, Capogruppo PD in Commissione Bilancio a Montecitorio.
“È chiaro che siamo davanti all’ennesimo tentativo di fuga in avanti e, ancor più grave, alla definitiva ridicolizzazione della Corte Costituzionale. Di sicuro è ormai chiaro il disegno penalizzante per il Mezzogiorno di Calderoli e Meloni, con FI a fare da foglia di fico. Ad ogni modo siamo fiduciosi: come per il folle progetto di Calderoli, anche questo provvedimento sarà fermato sul nascere perché occuperemo le piazze per difendere l’unità d’Italia.”
“Con il ddl Caccia questo governo si accanisce contro gli animali selvatici con la sua furia ideologica e di propaganda, regalando la natura ai cacciatori: è l'ennesima vergogna”. Lo dice in una nota la deputata Pd Eleonora Evi sul ddl Caccia, sottolineando che “l’idea che la caccia possa essere anche solo lontanamente considerata una pratica che contribuisce alla tutela della biodiversità è semplicemente grottesca, fuorviante e malsana”.
“Ciononostante – continua l'esponente dem - l'esecutivo propone un disegno di legge per smantellare definitivamente quello che rimane della legge a tutela della fauna selvatica. Calpesta la Costituzione e se infischia delle infrazioni europee già in corso e quelle che verranno: tanto a pagare saranno tutti i cittadini non certo Lollobrigida o Meloni”. “Verrà concesso di sparare addirittura in spiaggia e in molte altre aree demaniali, assistendo ad una dregulation selvaggia sui richiami vivi, con grande soddisfazione di bracconieri. Il Pd non starà a guardare: questo attacco brutale e vergognoso va fermato”, conclude Evi.
Appello a tutte le forze politiche per intervenire rapidamente in parlamento
È stata presentata questa mattina alla Camera la proposta di legge a prima firma di Marco Furfaro, responsabile Welfare del Partito Democratico e capogruppo in Commissione Affari Sociali. Il testo, dal titolo “Disposizioni in materia di tutela della salute riproduttiva e di riproduzione medicalmente assistita”, rappresenta un passo importante per la riforma della legge 40, ormai ampiamente superata dalla giurisprudenza e dall’evoluzione scientifica. Una proposta solida, nata da un lungo e approfondito lavoro di confronto con la comunità scientifica, medica e con le realtà civiche, che negli ultimi anni hanno sollecitato con forza un intervento legislativo strutturale.
“La genitorialità non è un privilegio, ma un diritto – ha dichiarato Furfaro –. Non è accettabile che per diventare genitori si debba affrontare una battaglia legale o prendere un aereo per andare all’estero. La Corte Costituzionale ha lanciato un sasso nello stagno chiedendo al Parlamento di discutere e intervenire. Del resto, la legge 40 era nata vecchia e necessita oggi di un aggiornamento.
Lancio un appello a tutte le forze parlamentari: è il momento di avviare un esame serio e costruttivo, guidato dalla scienza, non dai pregiudizi ideologici. Abbiamo il dovere di dare risposte concrete a milioni di persone che affrontano un percorso a ostacoli. Non intervenire è indegno per un Paese civile.”
Il testo — che recepisce le proposte della SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) — definisce principi e diritti fondamentali, rafforza norme centrali come quelle sul Servizio Sanitario Nazionale, sull’interruzione volontaria di gravidanza e sul ruolo dei consultori. Garantisce il riconoscimento della soggettività delle persone coinvolte nei percorsi di PMA, tutela il nato e il nascituro, chiarisce le regole sulla crioconservazione, sulla donazione alla ricerca, e consolida il ruolo della comunità scientifica nella definizione delle politiche pubbliche in materia di salute riproduttiva.
“La proposta – ha aggiunto Furfaro - rappresenta anche una risposta chiara ai moniti della Corte Costituzionale, ribadendo il dovere del Parlamento di affrontare con serietà una questione che riguarda la salute, i diritti e la dignità di migliaia di persone”. Durante la conferenza stampa di presentazione è intervenuta anche Marina Sereni, responsabile Sanità del Partito Democratico, che ha sottolineato: “Troppe famiglie – ha detto Sereni - si trovano ancora intrappolate nei limiti della legge 40: dai LEA non applicati alle liste d’attesa interminabili, fino ai costi proibitivi. La procreazione medicalmente assistita deve essere riconosciuta come un diritto esigibile nel sistema sanitario pubblico e resa accessibile in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Ma per farlo servono risorse, personale e una strategia seria per rilanciare i consultori — che dovrebbero essere uno ogni 20.000 abitanti, mentre oggi ne abbiamo uno ogni 35.000 — e per affrontare le vere cause della denatalità, come la precarietà, la carenza di servizi e il mancato sostegno alle giovani coppie.”
“Il Partito Democratico – conclude Furfaro – chiede alla maggioranza e al Governo di assumersi finalmente la responsabilità di agire: non è credibile invocare la natalità senza intervenire concretamente sulla salute riproduttiva, sull’equità di accesso e sulla qualità dell’assistenza. La proposta elaborata da SIRU, sostenuta da operatori, organizzazioni scientifiche e civiche, è un testo maturo, serio e ambizioso. È il momento di aprire una discussione parlamentare vera, all’altezza del tema e delle numerose persone coinvolte”.
L'Europa non sia complice e si attivi perché cessi ogni operazione di attacco a partire da quella di terra avviata oggi.
La deputata Valentina Ghio, vicepresidente del Gruppo dem, insieme a una delegazione di deputati del Partito Democratico composta da Laura Boldrini, Rachele Scarpa, Arturo Scotto, Nico Stumpo e l’europarlamentare Cecilia Strada, ha visitato il valico di Rafah e i principali centri logistici della Mezzaluna Rossa, nell’ambito della missione ‘Gaza oltre il confine’, promossa da AOI, ARCI e Assopace Palestina, denunciando la drammatica situazione umanitaria a Gaza. “A un anno dalla nostra prima visita, qui regna ancora la devastazione. Da marzo non entra più alcun aiuto: la fame è usata come arma di guerra da Netanyahu, il quale, grazie all’inazione e al silenzio dei leader europei, è consentito di fare qualsiasi cosa. Le loro omissioni, la mancanza di condanna e la presa di distanza da questo sterminio li rendono complici”, dichiara Ghio, chiedendo il cessate il fuoco e l’ingresso immediato degli aiuti. “Con la delegazione dem – aggiunge l’esponente Pd – abbiamo constatato lo stallo di camion carichi di cibo e medicine, fermi da oltre settanta giorni sotto temperature estreme, perché c’è un governo che in modo criminale continua a impedire l’accesso ai soccorsi. È urgente attivare un canale umanitario permanente e applicare le misure indicate dalla giustizia internazionale. Basta bombe, basta usare la fame come arma di guerra”. Ghio ha anche duramente condannato l’inizio dell’operazione militare israeliana di terra nel nord della Striscia di Gaza, definendola “l’ennesimo atto di brutalità che colpisce indiscriminatamente la popolazione civile. Mentre il mondo assiste in silenzio - ha concluso Ghio - famiglie intere sono costrette a fuggire sotto le bombe e ora colpite dagli attacchi, in un’escalation che calpesta ogni principio del diritto internazionale umanitario. È intollerabile”.
“L’ennesimo episodio intimidatorio contro il centro sociale ‘La strada’, che si trova nel quartiere Garbatella di Roma, danneggiato da un ordigno artigianale nella notte tra il 14 e il 15 maggio, desta profonda preoccupazione. Nel Paese e a Roma si moltiplicano gli attacchi contro sedi di partiti politici, movimenti, associazioni che lavorano nel sociale. C’è un clima pesante dovuto a uno scontro politico che trascende la normale dialettica e fomenta episodi di violenza”. Così in una nota il deputato del Partito Democratico, Roberto Morassut.
“Un clima, dispiace dirlo, fomentato anche da molti esponenti dell’attuale maggioranza - spiega Morassut - che non perdono occasione per additare i centri sociali alla stregua di covi di criminali, quando sono luoghi in cui si fa cultura e si organizzano iniziative di solidarietà. Esponenti dell’attuale maggioranza che non rinunciano ad utilizzare espressioni dispregiative che erano molto in voga in quegli anni anni violenti di cui ancora portiamo le cicatrici: parole come ‘sinistri’, ‘zecche’ e altre definizioni che rischiano di aizzare gruppi estremisti”.
“Mi appello alla presidente del Consiglio e ai partiti della maggioranza - conclude il deputato dem - chiedendo di abbassare i toni prima che qualcuno passi dagli atti di vandalismo a qualcosa di più grave”.
“La decisione del TAR del Lazio di annullare il decreto ministeriale sulle aree idonee per le energie rinnovabili cancella tutto il lavoro fatto dalle Regioni fino ad oggi e crea di fatto un imbarazzante e pericoloso vuoto normativo che non deve sfociare in un ulteriore centralismo autoritario”. Così in una nota congiunta Marco Simiani, capogruppo Pd in Commissione Ambiente di Montecitorio, Leonardo Marras, assessore alle Attività produttive della Regione Toscana e Francesco Limatola, presidente della Provincia di Grosseto.
“Proprio ieri la Regione Emilia-Romagna aveva infatti legiferato una propria legge in merito e la Toscana aveva in previsione la prossima settimana i passaggi nelle Commissioni consiliari prima di andare in Consiglio regionale: in sostanza viene vanificato un lavoro di concertazione andato avanti per mesi con la Giunta e il Consiglio regionale toscano, sui territori. Il governo ha due mesi di tempo per rivedere le proprie scelte e definire meglio la cornice entro la quale i privati possano legittimamente operare e le istituzioni locali salvaguardare il paesaggio e le proprie specificità ed eccellenze paesaggistiche”.
“Il rischio che vediamo in questa fase è quello di un accentramento statale che vincoli e limiti la potestà decisionale regionale e renda omogenee situazioni molto differenti nel panorama nazionale: ogni regione ha infatti contesti istituzionali, paesaggistici, culturali e produttivi molto differenti che dovrebbero essere tenuti presenti e valorizzati, assicurando il coinvolgimento di chi, poi, sul campo, si trova a gestire le dinamiche della transizione ecologica ed energetica, cioè i comuni, le province e le città metropolitane. Occorre quindi ripartire dalla concertazione tra i livelli di governo dal confronto diretto con le comunità territoriali, unica modalità per scongiurare possibili speculazioni in tutto il territorio italiano. Lo sviluppo delle rinnovabili è necessario per l’economia di famiglie ed imprese e deve essere compatibile e sostenibile con la tutela del paesaggio, del territorio e delle produzioni rurali”.
“Le dichiarazioni ufficiali della Procura di Taranto smentiscono in modo chiaro e puntuale quanto affermato dal ministro Urso e da esponenti della maggioranza in merito alla gestione dell’Altoforno 1 dell’ex Ilva. La procuratrice Pentassuglia ha precisato che l’autorizzazione agli interventi di messa in sicurezza è stata concessa entro 22 ore dalla richiesta, ben al di sotto del termine massimo di 48 ore indicato dalla stessa azienda. Ha inoltre chiarito che la richiesta di ‘colaggio dei fusi’ non è mai stata formalmente avanzata”. Così i deputati Vinicio Peluffo e Ubaldo Pagano, rispettivamente capogruppo Pd nelle commissioni Attività Produttive e Bilancio della Camera.
“Urso – evidenziano gli esponenti dem - ha attribuito alla Procura ritardi che, secondo i fatti ricostruiti e gli atti depositati, non ci sono mai stati. È gravissimo che un ministro metta in discussione l’operato della magistratura con affermazioni false, nel tentativo di scaricare su altri le responsabilità dell’ennesima prova di inadeguatezza del governo sul dossier ex Ilva”.
“Chiediamo che il ministro venga immediatamente in Parlamento a chiarire le sue parole. Se non è in grado di farlo – concludono Peluffo e Pagano – valuti di dimettersi. Non è tollerabile che un rappresentante del governo deformi deliberatamente la realtà, mettendo a rischio la credibilità delle istituzioni pur di coprire il fallimento della propria azione politica. Sul futuro dell’ex Ilva e dei suoi lavoratori servono verità, serietà e rispetto delle regole: tutto ciò che oggi manca”.
“Sono appena rientrato da Gjader in Albania, dove – insieme ad una mediatrice culturale e a un esperto in diritto internazionale – ho avuto nuovamente la possibilità di visitare una delle due ‘cattedrali nel deserto’ che nell’arco di cinque anni costeranno quasi un miliardo di euro alle casse dello Stato italiano.”
“Uno spreco di denaro pubblico evidente e motivato soltanto da esigenze di carattere elettorali e propagandistiche; il centro immigrati di Gjader è stato costruito per accogliere fino ad un migliaio di immigrati mentre ne ha ricevuto fino ad oggi soltanto poche decine, e ciò che è ancora più grottesco e paradossale è che non potendo più essere utilizzato per la deterrenza rispetto agli immigrati che arrivano in Italia è stato oggi riconvertito in un centro per rimpatrio degli immigrati che ospita coloro che sono già trattenuti nei CPR italiani (sottoposti ad una costoso e bizzarro andirivieni che li porta in Albania dall’Italia per poi riportarli nel nostro Paese in attesa del definitivo rimpatrio: un’operazione squallida fatta sulla pelle di immigrati che il più delle volte hanno soltanto reati di tipo amministrativo e che spesso si trovavano in Italia da dieci o venti anni)”.
“Nelle prossime settimane, in sede di conversione del decreto in Parlamento, raccoglieremo tutti i dati ottenuti a seguito delle visite effettuate nei centri albanesi per denunciare pubblicamente questo enorme spreco di risorse pubbliche che in nulla contribuisce alla lotta all’immigrazione illegale; purtroppo ad oggi non abbiamo avuto accesso alle informazioni necessarie (numero esatto di trattenuti, loro provenienza, reati commessi…) visto che probabilmente il governo lo impedisce per pudore o vergogna e per favorire una campagna mediatica basata su menzogne e falsità”. Lo dichiara il deputato del Pd Fabio Porta.
“Il presidente del Senato La Russa, ha dichiarato che farà propaganda perché la gente resti a casa al Referendum. Non era mai accaduto che la seconda carica dello Stato facesse un appello di questo tipo. Nel giorno tra l’altro in cui piangiamo la morte di Aldo Moro e di Peppino Impastato, due martiri della democrazia. Siamo di fronte a un atteggiamento che non esito a definire eversivo”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“Arianna Meloni dice che il governo vuole una cultura libera, senza tessera del Pd.
Tesi curiosa sia per il merito (basterebbe ricordare le nomine dei direttori dei musei che hanno portato personalità internazionali in Italia a dimostrare la linearità del comportamento del pd al governo) che per l'origine. È la stessa Arianna Meloni che ha imposto la nomina di Tagliaferri, suo amico e compagno di partito, ad Ales - società del ministero della cultura - senza che avesse alcuna competenza specifica in materia?
Parla dello stesso governo che non ha fatto nulla per la cultura se non tentare di occupare ogni postazione con sodali di partito? È lo stesso governo che intimidisce ogni volta che si alza una voce critica? È lo stesso governo che ha provato a sottrarre il governo dei teatri d'opera ai Comuni? È lo stesso governo che mentre taglia le risorse alle principali istituzioni culturali del paese prova a elargire fondi a improbabili festival legati a fratelli d'italia? La verità è che la cultura è e resterà libera. Ed è proprio questo che spaventa le sorelle Meloni e che le porta ad aggredirla, definanziarla, penalizzarla” così in una nota, Matte
“Il cosiddetto ‘dl Sicurezza’ del governo Meloni è l’ennesimo atto di pura propaganda, privo di qualsiasi reale urgenza o necessità per il Paese. Dopo mesi di stallo parlamentare, a un anno e mezzo dal varo in CdM, il governo ha deciso di trasformare in un decreto un disegno di legge che stava già per essere approvato in via definitiva. Non per esigenze concrete, ma per motivi interni di equilibrio tra Fratelli d’Italia e Lega. Una scelta arbitraria e opportunistica, frutto della solita logica da campagna elettorale permanente”. Lo dichiara il deputato Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del Partito Democratico, intervistato sui canali social dei deputati dem.
“Si tratta di un decreto panpenalista – prosegue l’esponente Pd – con ben 14 nuovi reati e un generale inasprimento delle pene, che però non producono alcun effetto reale sulla sicurezza dei cittadini. Anzi, si colpiscono fasce fragili,come le madri detenute, e si cerca di comprimere il diritto al dissenso, come dimostra la norma sul blocco stradale che prevede pene fino a 2 anni per chi protesta. Nel mirino anche le misure sulla canapa industriale: un settore che vale 2 miliardi di euro e dà lavoro a 30.000 persone, in gran parte giovani, viene sacrificato per una narrazione completamente falsa sugli stupefacenti. In realtà si mette in ginocchio un pezzo sano dell’economia italiana solo per ottenere un titolo di giornale”.
“Il Partito Democratico – conclude Mauri - è contrario nel merito e nel metodo. Siamo al lavoro per contrastare il decreto in ogni sede possibile. È evidente che i numeri in Parlamento contano, ma noi non ci arrendiamo e continueremo a batterci con determinazione. Questo decreto va cambiato radicalmente: non c’è una norma che vada nella direzione giusta per aumentare davvero la sicurezza. Si può e si deve fare molto di più, a partire dal garantire condizioni dignitose per le forze dell’ordine e investimenti sociali sui territori. Noi continueremo a chiedere soluzioni serie, non spot elettorali”.
Dopo le dichiarazioni di Emanuele Fiano, Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, risponde con una lettera aperta. Ecco il testo.
"Caro Emanuele,
ho letto il tuo commento riguardo alla mia visita a Napoli, a Nives Monda titolare della Taverna A Santa Chiara.
Mi lascia molto perplessa la tua scelta di una polemica pubblica, dati i rapporti e considerato che mai, da parte mia, c'è stato un atteggiamento simile nei tuoi confronti nonostante spesso non abbia condiviso le tue posizioni su quanto accade a Gaza e in Cisgiordania.
Ma dato che hai fatto questa scelta, ti rispondo usando lo stesso strumento.
Sono andata a trovare Nives Monda per esprimerle la mia solidarietà per la violenta gogna che l'ha travolta dopo la diffusione del video girato dai due turisti israeliani dal quale non traspare affatto che lei li abbia attaccati in quanto israeliani o perché di religione ebraica, ma in quanto negazionisti della barbarie che si sta consumando a Gaza per mano del governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Tant'è che la coppia aveva già consumato il suo pasto quando è stato girato il video. Sono stati invitati, con i toni accesi dello scontro in corso, a lasciare il locale pur senza pagare.
Nessuno può negare gli oltre 52mila morti di Gaza, in gran parte donne e bambini, i più di 150mila feriti, il sistematico (e dichiarato) uso della fame come arma di guerra, il bombardamento indiscriminato di ospedali, scuole, edifici dell'Onu, campi profughi, case. Nessuno può tollerare il divieto imposto dalle autorità israeliane di far entrare nella Striscia beni di prima necessità, blocco che riduce migliaia di essere umani nella condizione di spettri che cercano di sopravvivere. Una crisi umanitaria senza precedenti denunciata da tutte le organizzazioni umanitarie (anche quelle israeliane audite dal Comitato diritti umani della Camera che presiedo), dalle agenzie dell'Onu, da migliaia di immagini che arrivano ogni giorno da Gaza.
Ribadire queste evidenze sta costando a Nives Monda un attacco feroce sul piano personale, lavorativo e familiare. Mentre ero lì io stessa ho assistito ad una raccapricciante telefonata anonima di minacce e insulti in cui un uomo con la voce distorta le intimava di chiudere il ristorante e lasciare la città insieme alla sua famiglia.
Per questo sono andata a Napoli. Ciò non significa che io sposi in toto qualsiasi cosa abbia detto Nives Monda nell'arco della sua vita, né quello che veniva volantinato fuori dal suo locale mentre ero lì. Pensarlo è, per usare un eufemismo, bizzarro.
Anche perché, come tu stesso ricordi, sono stata tra i primi ad esprimere tutto il mio orrore per l'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. E l'ho ribadito più e più volte, insieme alla richiesta di rilascio degli ostaggi, quelli che Netanyahu ha definitivamente abbandonato, accecato dal desiderio di mantenere il suo potere e guidato dagli estremisti del suo governo.
Lo stesso orrore non ho, purtroppo, letto da parte di tanti, troppi, per la carneficina che si sta consumando nella Striscia dall'8 ottobre 2023. Così come mi atterrisce la mancanza di empatia, che pure esiste, verso il popolo palestinese che sta vivendo la sua ora più buia.
Anch'io condivido e sostengo l'iniziativa di Gerusalemme del prossimo fine settimana a cui fai riferimento. Ogni tentativo di aprire il dialogo e di parlare di pace non può che trovarmi d'accordo. Tant'è che mi è stato chiesto di mandare un video, che ho inviato. E proprio ieri ho parlato con uno degli organizzatori che mi ha confermato che il video sarà proiettato.
Penso che il posto naturale della sinistra sia dalla parte delle vittime e, in questo caso, le vittime sono i palestinesi di Gaza. E Nives non ha fatto altro che ribadirlo senza alcun commento sul fatto che i suoi interlocutori fossero ebrei. Ha detto che il governo israeliano sta commettendo crimini di guerra, cosa inconfutabile. E questo non vuol dire in alcun modo essere antisemiti, razzisti o sostenitori dei terroristi, come invece l’ha accusata di essere la turista israeliana. A causa di questo Nives è bersagliata da minacce e insulti che scalfirebbero la vita di chiunque. Per questo sono andata a portarle solidarietà.
Colgo l'occasione, infine, per porre alla tua attenzione i commenti che la tua dichiarazione ha scatenato sui social: non abbiamo bisogno di nuove gogne mediatiche, men che meno scatenate da noi e tra noi.
Abbiamo bisogno, invece, di dialogo e di operare per la pace ovunque, a partire da Gaza".
“Ad oggi non è stata revocata nessuna patente a crediti: un dato che finalmente ci è stato comunicato dal Governo ma che non ci stupisce. Questo perché i punti vengono detratti dopo sentenze in giudicato e conosciamo bene i tempi della giustizia: le aziende fanno in tempo a chiudere e riaprire sotto altro nome ma con gli stessi titolari. Così non va bene, non può essere sufficiente un’autocertificazione”.
Così Chiara Gribaudo, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli incidenti sul lavoro, interrogando durante il Question Time il sottosegretario Durigon sui dati relativi alla patente a crediti.
“Le risposte ricevute non sono soddisfacenti, dimostrano che le ispezioni sono state solo 22.000, cioè meno del 5%, essendo le patenti rilasciate oltre 436mila - prosegue Gribaudo - Il problema è enorme perché quella della sicurezza sul lavoro è la vera urgenza del nostro Paese: su questa piaga, definita così anche dal Presidente della Repubblica Mattarella, serve uno sforzo in più”.
“Domani ci sarà un tavolo tra Governo e parti sociali: ciò è un bene perché su questi argomenti ci deve essere un lavoro comune, che però deve essere estremamente serio e mirato. Auspico ovviamente che l’incontro sia produttivo ma temo comunque che non sarà sufficiente. Sarebbe opportuno anche sentire chi negli organi istituzionali porta e può portare un contributo e idee perché non basta trovare risorse per redistribuirne a pioggia: abbiamo bisogno di concentrare più e meglio gli interventi perché il numero degli infortuni, delle morti, delle malattie sul lavoro purtroppo sta aumentando. Anche per questo vi avevamo sollecitato a fare in modo che gli accordi Stato Regione contemplassero una formazione diversa da quella come è stata intesa dal Governo. Noi ci siamo per fare la nostra parte, ma non svilite né il Parlamento né chi vuole lavorare quotidianamente per migliorare la sicurezza sul lavoro” conclude Gribaudo.