“La decisione della Rai di bloccare per ben due volte la diffusione del comunicato sindacale dell’Usigrai sulla consultazione referendaria rappresenta un atto gravissimo. Si tratta di un vero e proprio doppio bavaglio, che nega ai giornalisti del servizio pubblico il diritto fondamentale di esprimersi su temi che toccano direttamente i diritti dei lavoratori e la qualità democratica dell’informazione.
Ma il bavaglio imposto non è un caso isolato. La responsabilità più grave è politica: la maggioranza, premier in testa, ha scientemente disertato ogni confronto pubblico sul referendum, sottraendosi al dibattito, eludendo ogni responsabilità di informazione, e contribuendo così a un vero e proprio sabotaggio del diritto di voto dei cittadini. Un comportamento che va chiamato con il suo nome: ostruzionismo istituzionale intollerabile. Il referendum è uno degli strumenti più alti della democrazia diretta, garantito dalla Costituzione. Ricordare ai cittadini che si vota non è propaganda: è dovere civico, giornalistico e istituzionale. Chi lavora nel servizio pubblico lo sa bene. Chi lo dirige, evidentemente no” così i componenti democratici della commissione di vigilanza Rai.
“Esprimiamo pieno sostegno alla nota del Cdr Approfondimento della Rai, che con coraggio richiama l'attenzione sulla tragedia umanitaria in corso a Gaza e sul ruolo imprescindibile dell’informazione.
Le giornaliste e i giornalisti del servizio pubblico chiedono che si ‘alzi la voce’: per il cessate il fuoco, per l’accesso agli aiuti e ai media internazionali, per la protezione dei civili e per il rispetto del diritto internazionale. È una richiesta che condividiamo profondamente.
Il servizio pubblico non può restare in silenzio. Ha il dovere di raccontare. È in gioco non solo la libertà d’informazione, ma la credibilità della Rai e la sua missione costituzionale.
Serve un salto di attenzione e responsabilità. La Rai deve continuare a dare spazio a chi cerca la verità, e proteggere chi ogni giorno lavora per raccontarla” così i componenti del Partito Democratico nella Commissione parlamentare di vigilanza Rai.
“Gasparri presenta una proposta di legge per riformare la Rai, ma la verità è che la maggioranza continua a tenere bloccata la Commissione di Vigilanza. Una scelta inaccettabile, frutto delle profonde spaccature tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sul futuro del servizio pubblico. Nel frattempo, si avvicina l’entrata in vigore della cosiddetta "TeleMeloni Tax", ovvero il costo che gli italiani dovranno pagare per il mancato recepimento in Italia dell’European Media Freedom Act, il regolamento europeo che impone criteri di trasparenza e indipendenza nella governance dei media pubblici”, dichiara il deputato Stefano Graziano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione di Vigilanza Rai.
«Il Partito Democratico – prosegue Graziano – chiede una riforma vera, chiara e coraggiosa della Rai, che restituisca al servizio pubblico il ruolo che la Costituzione e i cittadini gli affidano: quello di garantire informazione libera, autonoma, pluralista, lontana dai condizionamenti del potere politico. Il canone pagato dagli italiani non può essere usato per finanziare una televisione di Stato al servizio della propaganda di governo”.
“Il referendum è uno strumento fondamentale di partecipazione diretta alla vita democratica del Paese. Per cui noi invitiamo davvero tutti i cittadini a recarsi ai seggi, a esprimere il proprio voto e a far sentire la loro voce. Per questo trovo onestamente fuori luogo, diseducativi e privi di senso istituzionale, a maggior ragione in un momento in cui trionfano astensionismo e disaffezione, alcuni messaggi che sono stati lanciati da esponenti del governo con l’invito ad andare al mare o ad occuparsi di altro. Allo stesso modo è una grave presa in giro la dichiarazione della presidente del Consiglio, che ha detto che si recherà al seggio ma non ritirerà la scheda per non far raggiungere il quorum. Noi crediamo che invece si debba andare a votare, si debba esprimere il proprio voto, si debba votare per un Paese più giusto in cui i lavoratori possono davvero andare sul posto di lavoro con tutele e garanzie adeguate anzitutto rispetto alla sicurezza. Assistiamo da anni a una strage silenziosa di vittime sul lavoro che non è più tollerabile." Lo ha detto Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee, su Rai3 a Rai Parlamento.
“Chi sostiene che non si deve votare al Referendum dovrebbe guardarsi allo specchio e riflettere su quello che ha fatto finora ad esempio sulla sicurezza sul lavoro. I numeri non mentono mai e rivelano quanto il Governo perda tempo e non applichi nessuna misura efficace. La cosiddetta patente a crediti, che è poco più di una gigantesca autocertificazione, riguarda quasi 800mila imprese edili. Di queste hanno attivato la patente circa la metà, 432mila. Al 30 aprile del 2025 i controlli effettuati sono stati poco più di 12mila, ovvero il 2,7 per cento delle aziende, e le sospensioni - che non significa interruzione di attività - sono state appena 21, ovvero lo 0,0004 per cento. Sono dati del Ministero del Lavoro che ha risposto a una interrogazione del Pd qualche settimana fa. Quando la Calderone dice che stanno facendo tanto per limitare i morti sul lavoro racconta balle. In un Parse dove nel 2024 sono morti 1080 operai nei cantieri queste misure sono poco più che simboliche. Per queste ragioni vanno messi in campo strumenti straordinari: dall’eliminazione del massimo ribasso alla fine dei subappalti a cascata, dall’assunzione di almeno mille ispettori in più alla responsabilità in solido delle imprese committenti. Quest’ultima misura è prevista nel referendum dell’8 e 9 giugno. Davanti all’immobilismo del Governo e alla gravità dei numeri occorre andare a votare in tanti anche per questo”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
"Quanto stabilito dalla Direzione Generale della Rai, come evidenziato oggi anche da una sentenza del Tribunale del lavoro di Busto Arsizio, rappresenta una misura discriminatoria gravissima. Obbligare alla fruizione forzata di ferie o aspettativa non retribuita i dipendenti e collaboratori che abbiano aderito a partiti, sindacati, comitati referendari o movimenti politici è inaccettabile in una democrazia. Una decisione che conferma il livello allarmante di degenerazione del servizio pubblico radiotelevisivo e la concezione autoritaria, padronale e profondamente antidemocratica con cui l’attuale governance sta gestendo la Rai. Siamo di fronte a un’idea di servizio pubblico che calpesta la libertà di pensiero, di espressione e di partecipazione civile dei lavoratori. Chiediamo con urgenza l’immediata eliminazione di questa disposizione palesemente discriminatoria: chi lavora in Rai non può essere punito per le sue idee o per il suo impegno civile e politico. La Rai è un patrimonio di tutti, non un feudo di chi oggi la governa pro tempore" così il capogruppo Pd nella commissione di vigilanza Rai, Stefano Graziano.
“Dobbiamo tenere alta la guardia rispetto all’inammissibile e ingiustificata guerra di aggressione russa contro l’Ucraina. Guai a dare segnali di stanchezza o di assuefazione di fronte al conflitto. Noi dobbiamo continuare ad aiutare con tutte le forze e gli strumenti necessari uno Stato ed un popolo barbaramente aggredito. Garantire la libertà e l’autodeterminazione del popolo ucraino peraltro vuol dire difendere questi princìpi anche a livello europeo e internazionale; vuol dire difendere i valori su cui abbiamo costruito l’Europa unita. Le richieste avanzate in queste ore da Putin sono provocatorie ed irricevibili. Lavoriamo invece perché cessino subito le ostilità, per un immediato cessate il fuoco e l'apertura di un tavolo negoziale vero per una pace giusta, sicura, duratura e, soprattutto, condivisa e rispettosa della popolazione ucraina. L’Europa sia parte attiva di questo percorso diplomatico, facendo sentire la sua voce”. Lo ha detto Piero De Luca, deputato e capogruppo Pd in commissioni politiche europee, nel corso dell’evento “Liberi di Pensare 2025 – Una poesia per la pace”, un incontro che unisce parole, poesia e riflessione in un momento storico che richiede attenzione alla cultura, al dialogo e alla convivenza, che si è tenuto presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.
“La reazione scomposta del sottosegretario Molteni alla legittima reazione sui social degli idonei traditi dal Governo Meloni che hanno visto bocciare gli ordini del giorno che avevamo presentato per chiedere finalmente un impegno concreto per lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi per vice ispettori e le altre necessarie a colmare le attuali carenze nella dotazione organica della Polizia di Stato tradisce una visione sbagliata e pericolosa” così il deputato, Andrea Casu, che ha presentato insieme alla vice presidente del Partito Democratico Chiara Gribaudo due ordini del giorno sul tema in parlamento nel corso della discussione del decreto sicurezza. “Le forze dell’ordine - aggiunge Casu - meritano rispetto sempre e le scelte che riguardano il loro potenziamento devono essere prese in modo trasparente come abbiamo chiesto di fare in Parlamento con l’intervento della Segretaria Schlein che ha ricordato alla Presidente Meloni le stesse identiche parole usate in passato quando era all’opposizione e che oggi evidentemente ha dimenticato.
Cosa intende il sottosegretario Molteni - aggiunge Casu - quando si rivolge personalmente a singoli utenti delusi che hanno commentato le sue pagine social scrivendo “allora aspetterai il Pd al Governo per lo scorrimento” o “sapranno i suoi colleghi sicuramente a chi rivolgere la richiesta di scorrimento” o ancora peggio “auguri e in bocca al lupo”. Chiederemo con un’interrogazione conto alla Presidente Meloni e al ministro Piantedosi per queste parole, non permetteremo che chi ha ruoli di Governo utilizzi la propria posizione di potere per intimidire la legittima reazione delle persone stupite per l’incoerenza del Governo Meloni o peggio subordini le proprie scelte politiche e assunzionali al consenso social che viene espresso nei propri confronti” conclude Casu.
“Questo provvedimento ha un obiettivo molto chiaro: il governo accelera l'approvazione della Camera per dare in pasto all'opinione pubblica l'idea che si vuole occupare del tema della sicurezza. Vuole semplicemente nascondere i dati fallimentari sul contrasto alla criminalità e la totale assenza del rafforzamento del personale, dei mezzi e gli strumenti per le forze dell'ordine. E per farlo, mostra la sua faccia feroce consapevole di non voler spiegare il perché dal 2022 ad oggi, ogni anno, aumentano i reati di sangue”. Lo dice il deputato Pd Andrea Gnassi intervenendo in aula alla Camera in dichiarazione di voto sul dl Sicurezza.
“Il governo Meloni - continua l'esponente dem - evita il confronto, vieta la discussione. Scappa e introduce 14 nuove fattispecie di reati e 9 aggravanti: manda in carcere i bimbi per le colpe commesse dalle loro madri e si accanisce sugli studenti e gli operai per impedire di manifestare in strada la propria opinione e sollevare le questioni lavorative”. “Assistiamo al record della popolazione carceraria, dei crimini commessi e delle fattispecie di reato. La sicurezza è uno di quei temi che tengono insieme il Paese e questo Governo non sa da che parte prenderlo. Quello del Dl Sicurezza è un sistema che auto genera crimini e recidive e che ha creato un aumento esponenziale di crimini e allo stesso tempo di detenuti negli ultimi due anni. Nel frattempo si taglia sui rinforzi delle forze dell’ordine nei territori lasciando i Comuni da soli e non si investe sulla riqualificazione urbana, su sistemi di integrazione sociale, sulla crescita delle comunità. Dati alla mano, il Governo fa la faccia feroce per nascondere il fallimento. Sulla pelle delle persone. Dati alla mano , possono raccontarla come vogliono ma il governo è totalmente privo di una strategia sul tema della sicurezza”, conclude Gnassi.
“Questo decreto sicurezza dimostra che il Governo di destra ha un'idea di società sbagliata e inaccettabile. In cui prevale la logica securitaria e la compressione del dissenso: agli operai e agli studenti che protestano viene detto ‘statevene a casa o vi arrestiamo’. Alla domanda di protezione e alle paure dei cittadini si risponde solamente con l'ordine e la sicurezza. Una risposta insufficiente perché la sicurezza si costruisce su due pilastri: uno è quello della repressione, ma l'altro è quello della prevenzione, sia sociale che comunitaria. La destra invece non vuole rispondere a paure e ansie, ma solo cavalcarle con norme inumane, liberticide e inutili. L’accusa rivolta alla sinistra, che abbiamo dovuto ascoltare in Aula, di essere ‘complice morale dei delinquenti’ è vergognosa e inaccettabile. Chi ha dimostrato una vicinanza verso criminali certificati è la destra che ha rimandato il Libia un torturatore e trafficante di uomini arrestato dalla polizia.
Il problema non è solo quello che c’è in questo provvedimento, ma anche quello che non c’è. Dove sono gli aumenti di stipendio che coprono almeno l’inflazione di questi anni per i poliziotti, i carabinieri e la Guardia di finanza? Quali sono le politiche abitative verso gli agenti di Polizia che vivono nelle grandi città e hanno un problema vero di sostentamento? Quali sono le politiche che mettete in campo per le previdenze integrative di queste persone? Dov’è l’aumento dell'organico delle Forze dell’ordine?
Stiamo correndo il pericolo che l'idea che ha la destra di società possa tramutarsi in realtà, ma ci opporremo perché non accada”.
Così il deputato dem Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del Pd.
“La maggioranza chiede la fiducia su questo decreto che insiste a chiamare Sicurezza, ma la verità è che questo governo non merita nessuna fiducia. Sia per quello che c’è scritto in questo decreto, ma anche per quello che non c’è scritto. Il governo pensa di risolvere i problemi del Paese aumentando le pene o inventandosi nuovi reati. Viene posto il tema dell'urgenza su un provvedimento che è andato il consiglio dei ministri a novembre del 2023. Poi lo lasciano per un anno e mezzo in Parlamento e quando è nella fase conclusiva al Senato viene stoppato e il Governo vara un decreto identico solo perché la Lega voleva rivendicare a sé il tema della sicurezza durante il congresso e Salvini voleva sventolare una bandierina. Con buona pace di Forza Italia che dimostra ancora una volta di non contare niente".
Così il deputato dem, Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del Pd, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario del Gruppo sulla fiducia al Dl Sicurezza.
“Un decreto - aggiunge - con norme inumane, liberticide e inutili. Un modo sbagliato di governare e un’idea sbagliata di società, dove prevale la logica securitaria: agli operai e agli studenti che protestano viene detto ‘statevene a casa o vi arrestiamo’. Alla domanda di protezione e alle paure dei cittadini, spesso alimentate da certa politica, si risponde solamente con l'ordine e la sicurezza. Una risposta sbagliata e inefficace perché la sicurezza si costruisce su due pilastri: uno è quello della repressione, ma l'altro è quello della prevenzione. La destra in realtà non vuole rispondere a paure e ansie, ma solo cavalcarle. L’accusa rivolta alla sinistra di essere ‘complice morale dei delinquenti’ è disgustosa e vergognosa. Chi ha dimostrato una vicinanza verso criminali certificati è la destra che ha rimandato il Libia un torturatore e trafficante di uomini arrestato dalla polizia. Noi - conclude - siamo di fronte a un pericolo reale, vi è il rischio che l'idea che ha la destra di società possa tramutarsi in realtà. Ma non ci riuscirà”.
“Non è bastato metterlo al riparo di Raisport dopo i danni che ha inflitto a Rainews. E così Raisport ha bocciato a larga maggioranza il piano editoriale di Paolo Petrecca, con 51 voti contrari e 36 favorevoli. Il noto gaffeur, che nel curriculum vanta il solo titolo di affezionatissimo meloniano, non ha così la fiducia della sua nuova redazione, che ha capito subito che fine avrebbe fatto (vedi il crollo degli ascolti di Rainews). Per rispetto del lavoro dei giornalisti, del servizio pubblico e della dignità dell’informazione sportiva, Paolo Petrecca deve rassegnare le dimissioni. Un’altra battuta a vuoto di TeleMeloni che non azzecca una scelta che sia una, in quello che è ormai solo diventato un nominificio monocolore. In spregio degli ascoltatori” così i componenti democratici della commissione di vigilanza Rai.
“Oggi, più che discutere un decreto legge, assistiamo alla celebrazione di una crisi profonda del Parlamento repubblicano”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato dem Gianni Cuperlo, intervenendo durante la discussione generale sul decreto sicurezza.
“Il confronto parlamentare - ha proseguito l’esponente Pd - è stato pressoché inesistente. Interi capitoli, come quello sulla canapa, sono stati ignorati. Eppure centinaia di costituzionalisti, magistrati, avvocati hanno lanciato un grido d’allarme, rimasto inascoltato. L’impianto del decreto è figlio di un panpenalismo propagandistico che nulla ha a che vedere con una reale tutela della sicurezza. Si criminalizzano forme di protesta pacifica, si colpisce il dissenso civile, si sovrappone la detenzione amministrativa a quella penale, come nei centri per stranieri, e si reintroduce il reato di blocco stradale, un residuo del 1948 che oggi si trasforma in uno strumento repressivo verso giovani, operai, ambientalisti che manifestano pacificamente, per non parlare dell’aberrazione di prevedere il carcere per madri con figli piccoli”.
“Questo decreto – ha concluso Cuperlo – svilisce i principi della nostra Costituzione e sacrifica la democrazia sull’altare di un patto di potere. Ma sappiate che noi continueremo a opporci, con la schiena dritta, dentro e fuori quest’Aula. Perché la sicurezza non si conquista calpestando le libertà”.
“Da Feltri parole inaccettabili e sessiste”. Il partito democratico ha presentato una interrogazione parlamentare in vigilanza Rai per sapere dal Presidente e dall’Amministratore delegato della RAI, “quali opportune e tempestive iniziative intenda assumere con urgenza la Rai che in qualità di servizio pubblico e di principale azienda culturale del Paese, non può derubricare un episodio di tale gravità e per evitare che possano ripetersene di analoghi”. L’interrogazione si riferisce alla trasmissione “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, condotta da Piero Chiambretti e andata in onda su Rai 3 il 22 maggio in cui si faceva riferimento alle infelici espressioni del Ministro Nordio che ha consigliato alle donne vittime di violenza di rifugiarsi in chiesa o in farmacia. Il conduttore - scrivono i democratici - si domandava dove avrebbero potuto andare le donne vittime di violenza se avessero trovato chiese e farmacie chiuse. Al che Feltri commentava: “A casa mia. Se sono bone”.
Siamo davanti - aggiungono i dem - a una evidente, vergognosa ed inaccettabile frase sessista e violenta, che colpisce tutte le donne vittime ogni anno di violenza e di maltrattamenti, che offendono la memoria di tutte le donne uccise per mano di un uomo, e che evidenziano ancora una volta come, colpevolmente, anche da parte del servizio pubblico, non sia adeguatamente compresa la gravità di certe espressioni.
Inoltre - sottolineano - è di tutta evidenza che quanto affermato da Vittorio Feltri durante il programma in oggetto viola apertamente sia il Contratto nazionale di servizio tra il Ministero delle imprese e del made in Italy e la Rai - Radiotelevisione italiana S.p.a che all’articolo 2 comma 2 prevede espressamente che “L'offerta di servizio pubblico deve essere improntata (…) al contrasto di ogni forma di violenza, discriminazione e discorsi d'odio”, sia il Regolamento della Agcom contro Hatespeech ("Regolamento in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona ai sensi dell'articolo 30 del Decreto Legislativo 8 novembre 2023, n. 208)”. L’interrogazione è stata presentata con la prima firma di Ouidad Bakkali, a cui seguono quella del capogruppo Stefano Graziano e di tutti i componenti dem in vigilanza.
“Sono sconcertanti e inaccettabili le parole di Vittorio Feltri ospite della trasmissione di Rai Tre “donne sull’orlo di una crisi di nervi”.
Ricordiamo che il giornalista Feltri è già stato radiato dall’albo per le sue dichiarazioni spesso inappropriate e inqualificabili ma questa volta riteniamo che abbia superato ogni limite. Parole gravi, passate per battuta, che evocano la cultura dello stupro, il sessismo, la violenza maschile come normalità, stereotipi che andrebbero combattuti, senza se e senza ma, considerando che ogni giorno molteplici donne sono vittime di violenza e i femminicidi sono una piaga sociale che non si arresta. Il Partito Democratico, che presenterà un’interrogazione parlamentare attraverso i colleghi della commissione di vigilanza RAI, plaude all’iniziativa dell’associazione Differenza Donna che ha presentato formale diffida al Cda Rai e segnalato l’accaduto all’Agcom”. Lo dichiara Sara Ferrari, deputata e capogruppo Pd nella commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio.