“La decisione del gruppo Freudenberg di chiudere lo stabilimento di Rho è un fatto gravissimo, che colpisce un sito produttivo d’eccellenza e 42 lavoratori. L’intenzione dell’azienda, si legge nella nota diffusa dalla Fillea Cgil, è quella di spostare la produzione in Slovacchia e negli Stati Uniti, potenziando i siti del gruppo presenti in quegli Stati, con l’obiettivo di mantenere i margini di profitto fortemente ridotti dopo l’introduzione dei dazi da parte di Trump. È inaccettabile che il governo resti a guardare mentre le imprese italiane vengono messe in ginocchio da una guerra commerciale che sta già producendo danni pesanti”. Lo dichiarano in una nota congiunta Vinicio Peluffo, deputato rhodense del Partito Democratico e vicepresidente della commissione Attività produttive e il senatore Antonio Misiani, responsabile nazionale Economia per i dem.
“Presenteremo immediatamente – proseguono gli esponenti Pd - un’interrogazione parlamentare alla Camera per chiedere al governo quali iniziative intenda adottare per tutelare i lavoratori e contrastare l’impatto dei dazi sulla manifattura italiana. Lo stesso atto verrà depositato anche al Senato, perché serve una risposta coordinata e urgente. Non è accettabile che si perda un sito produttivo perfettamente funzionante, con commesse attive, investimenti recenti e accordi aziendali ancora in vigore, senza che il governo muova un dito per difendere occupazione e competenze.
“Il governo Meloni – concludono Peluffo e Misiani - aveva promesso un piano da 25 miliardi per neutralizzare gli effetti dei dazi, ma di quell’impegno non c’è traccia nella legge di bilancio. Il risultato è che realtà come Freudenberg pagano il prezzo di un esecutivo immobile e incapace di intervenire. Il Partito Democratico continuerà a chiedere misure concrete per proteggere l’industria e salvaguardare i posti di lavoro, perché il silenzio del governo è un silenzio colpevole”.
Salvini sfiducia Giorgetti, dice che non è la sua manovra. Chiede di rivederla sul fronte rottamazione, sicurezza e pensioni. Non una parola sulle vere carenze della legge di bilancio, la più piccola degli ultimi anni: zero per la casa, zero per il trasporto pubblico locale, tutte cose di cui Salvini dovrebbe occuparsi. Non c’è una strategia per lo sviluppo e mancano del tutto politiche industriali. Il taglio delle tasse è irrilevante mentre come da tre anni a questa parte sono consistenti i tagli alle voci sanità e welfare.
Salvini sfiducia Giorgetti anche sulla spesa per la difesa: dimentica che quell’aumento è il frutto della decisione di Meloni di accettare, senza che sia sentita una parola da parte di Salvini, il diktat imposto da Trump per lo spropositato aumento della spesa militare in ogni paese Nato.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“La dinamica economica del Paese sta rallentando e la produzione industriale nel 2024 è diminuita del 3,5 per cento rispetto all’anno precedente. La manovra del governo Meloni non contiene misure per la crescita: la politica industriale di questo esecutivo è pari a zero”. Così il deputato dem Vinicio Peluffo, vicepresidente della commissione Attività produttive.
“Programmi come Transizione 5.0 – evidenzia l’esponente dem - si sono rivelati un flop totale, mentre intere filiere strategiche, automotive, moda, tessile, acciaio, chimica di base, sono in crisi. Servono interventi mirati e politiche industriali coerenti con quelle europee, a partire da un fondo per accompagnare la doppia transizione ecologica e digitale e un fondo specifico per l’automotive, tagliato del 75 per cento nell’ultima legge di bilancio. In Italia i costi energetici sono tra i più alti d’Europa. Occorre intervenire subito sul meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità, sganciandolo dal gas e investendo di più sulle rinnovabili, anche semplificando le procedure e incentivando i contratti a lungo termine. Solo così si potrà abbassare la bolletta e restituire competitività alle imprese”.
“Infine – conclude Peluffo – i dazi imposti dagli Stati Uniti rischiano di colpire duramente il nostro export, uno dei motori dell’economia italiana. Mentre altri Paesi europei hanno già agito, il governo Meloni è rimasto fermo e in testa indossa sempre il cappellino ‘Make America Great Again’ e fa gli interessi di Trump, non quelli del nostro Paese”.
“Il Pil italiano è fermo da tre trimestri consecutivi e la produzione industriale ristagna da oltre due anni. In questo contesto, il governo Meloni approva una legge di bilancio che, secondo gli stessi documenti del MEF, non avrà alcun impatto positivo sulla crescita. È scritto nero su bianco: la manovra non farà aumentare i consumi interni e avrà effetti negativi sugli investimenti”. Lo dichiara Maria Cecilia Guerra, deputata e responsabile nazionale Lavoro del Partito Democratico.
“La premier Meloni – spiega l’esponente dem - racconta un’Italia che non esiste, promettendo un rilancio che non arriverà. Se oggi non fossimo sostenuti dai fondi del PNRR, il Paese sarebbe già in recessione. Il problema non è solo economico ma politico: manca una strategia industriale capace di orientare la crescita e affrontare le sfide globali. Il Partito Democratico chiede al governo di unirsi a un’iniziativa comune in Europa per rafforzare le politiche su innovazione, energia e infrastrutture. Non possiamo competere da soli con giganti come Cina e Stati Uniti: servono investimenti di scala e una transizione tecnologica sostenuta a livello europeo”.
“Sul piano nazionale – conclude Guerra – è urgente intervenire sul costo dell’energia. Le nostre proposte mirano a sganciare il prezzo del gas da quello delle rinnovabili, in modo da far scendere le bollette e migliorare la competitività delle imprese. Inoltre, il governo non può continuare a ignorare le conseguenze delle politiche economiche americane: i dazi di Trump impongono una strategia di sostegno alle esportazioni e alla manifattura italiana. Serve una politica industriale seria, non propaganda”.
"Ci siamo svegliati con bellissime notizie dagli Usa: Zorhan Mamdani è il nuovo sindaco di New York. Ha vinto perché ha saputo parlare alle persone dei problemi reali delle persone: casa, salari, mobilità, diritti. Ha vinto perché vuole fare di New York una città alla portata anche di chi ha redditi bassi. L'ha fatto con passione ed entusiasmo, proponendo soluzioni reali. E New York ha risposto con lo stesso entusiasmo. Hanno votato oltre 2 milioni di persone: non succedeva dal 1969. Ha vinto contro le minacce di Trump, contro i fiumi di denaro investiti dai miliardari per farlo perdere, contro i tentativi di demonizzarlo perché giovane, musulmano e socialista. L'elezione di Mamdani ci racconta che la sinistra vince quando fa la sinistra. Senza timidezze, senza tentennamenti.
E oggi è anche il giorno della vittoria dei democratici in Virginia, con Abigail Spanberger, prima donna governatrice dello Stato, e la sua vice Ghazala Hashmi, in New Jersey con Mikie Sherrill, a Cincinnati con Aftab Pureval e a Detroit con Mary Sheffield.
E, non ultimo, in California vince la Proposition 50 proposta dal governatore democratico Gavin Newsom. Una nuova mappa dei collegi che permetterà ai democratici di conquistare più seggi. Una risposta ai repubblicani che in Texas, invece, avevano cambiato la mappa in favore di Trump.
Insomma, per dirla con Obama, "oggi il futuro sembra un po’ più luminoso". E non solo il futuro degli Usa". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Ha vinto contro i miliardari, contro Donald Trump ed Elon Musk, contro una macchina del potere che sembrava imbattibile.
Ha vinto parlando chiaro, guardando le persone negli occhi, rimettendo la politica dove deve stare: per strada, tra la gente.
Ha parlato di affitti che divorano stipendi, di autobus gratuiti, di scuole accessibili, di supermercati pubblici per combattere il carovita, di un’economia che non lasci indietro nessuno.
Ha difeso Gaza, la giustizia sociale, i diritti civili.
Ha detto le cose come stanno, senza paura di perdere voti o di urtare i potenti.
Per questo Zohran Mamdani, figlio di migranti, musulmano, socialista democratico, cresciuto tra le scuole pubbliche del Bronx e del Queens, non ha semplicemente vinto: ha stravinto.
E lo ha fatto come si dovrebbe sempre fare: mettendo gli orecchi a terra, tra la gente.
Ascoltando, camminando, rispondendo ai problemi veri, non alle chiacchiere dei talk show o alle lezioni di chi da trent’anni perde le elezioni e continua a spiegarti come si vince.
Oggi è davvero un bel giorno.
Complimenti, Zohran.
Buon lavoro, sindaco Mamdani”. Lo scrive su Facebook Marco Furfaro, deputato e responsabile Welfare del Pd.
"Abbiamo fatto nostro l'appello dei comboniani che operano in Sudan dove è in corso una catastrofe umanitaria di proporzioni enormi. La città di Al-Fashir, la principale città del Darfur settentrionale, assediata per 18 mesi, è recentemente caduta sotto il controllo delle RSF. Le stime parlano di centinaia di migliaia di morti, di atrocità, mutilazioni e torture in un contesto di conflitto civile che va avanti ormai da due anni e su cui regna un insopportabile e colpevole silenzio che deve finire.
Per questo, dopo la conferenza stampa con un collegamento dal Sudan, sono intervenuta in aula per chiedere al governo di venire a riferire su quale sia la posizione dell'Italia rispetto a quanto accade in Darfur. Vuole o no, il governo, impegnarsi per il cessate il fuoco? Vuole o no chiedere l'apertura di canali sicuri per fare entrare gli aiuti umanitari e per evacuare le persone da Al-Fashir, bloccare il commercio di armi come prevede il trattato sul commercio di armi? Vuole o no, il governo, che ci sia una commissione di inchiesta indipendente sui crimini di guerra e contro l'umanità commessi nella zona di Al-Fashir e in tutto il Darfur? E, infine, vuole o no rafforzare la pressione diplomatica sui paesi che alimentano il conflitto come gli Emirati Arabi Uniti?
L'Africa è un continente a cui dovremmo prestare molta attenzione. Ma l'Africa per il governo è solo il piano Mattei che di fatto serve a facilitare gli affari delle aziende italiane nei paesi africani. Oltre al Sudan, ci sono altre situazioni drammatiche nel continente africano su cui servono azioni politiche mirate, non l’inerzia. Penso al Mali, dove la capitale Bamako è circondata da gruppi che sostengono l'Isis, e penso alla Nigeria dove Trump vuole addirittura intervenire con le armi.
Di tutto questo vogliamo che il governo venga a riferire in aula perché finora non sappiamo nulla di quale sia la posizione dell'Italia. E faremo anche atti parlamentari per avere impegni scritti da parte del governo". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“È un bene che il Ministero del Lavoro, benché in grave ritardo, si sia finalmente deciso ad accordare le soluzioni proposte da mesi dai sindacati a tutela dei lavoratori. La proroga degli ammortizzatori sociali è una buona notizia ma non può essere un punto di arrivo: serve immediatamente la convocazione di un tavolo ad hoc al MIMIT con parti datoriali e sindacali per evitare conseguenze drammatiche per il personale e per predisporre un serio piano industriale per rilanciare l’azienda.”
Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico, Capogruppo Pd in Commissione Bilancio a Montecitorio.
“Purtroppo, in questi tre anni di Governo Meloni molte cose sono cambiate in peggio per le imprese e per i lavoratori, soprattutto nel Sud Italia. Se oggi negli stabilimenti Natuzzi, come in tante altre realtà del nostro Mezzogiorno, si osserva una crisi grave, è innanzitutto perché ai dazi di Trump, ‘amico’ della destra, si sono aggiunte decisioni scellerate come la chiusura di ‘Decontribuzione Sud’. Finora questo Governo ha preferito abbandonare il Sud ai suoi problemi piuttosto che aiutarlo a risollevarsi. Ci auguriamo che, a partire da questa vertenza, le cose cambino. Se così sarà, il PD darà tutto il suo supporto per scongiurare il crollo dell’ennesimo importante pezzo della nostra manifattura.”
“Il Partito Democratico voterà a favore di questo provvedimento, perché è importante per rafforzare la partecipazione dell’Italia ai fondi multilaterali e quindi alla cooperazione internazionale. Tuttavia – afferma Lia Quartapelle, deputata Pd e vicepresidente della commissione Esteri – è difficile non notare il tono trionfalistico della maggioranza, a fronte di un ritardo evidente con cui il governo porta in Aula una ratifica essenziale, a pochi giorni dalla fine dell’anno”.
“Viviamo in un tempo in cui la cooperazione e la solidarietà globale non sono più di moda – sottolinea l’esponente dem – ma questo provvedimento dimostra che l’Italia crede ancora nel multilateralismo. Anche se questa maggioranza va a braccetto con Donald Trump che è il primo a voler disfare gli organismi multilaterali che noi giustamente con questo provvedimento invece andiamo a rafforzare. Purtroppo però, come troppo spesso accade con il governo Meloni, anche in questo caso si arrivi tardi e con argomentazioni superficiali. Colpisce, ad esempio, che il governo dica no a un ordine del giorno, presentato dal collega Mauro, che chiedeva semplicemente di destinare i fondi della Banca africana per lo sviluppo alle finalità del piano Mattei”.
“Il governo – conclude Quartapelle – parla di visione e di gloria, ma dimostra trascuratezza e poca attenzione al dialogo parlamentare. Servirebbe meno propaganda e più concretezza: il piano Mattei non può essere solo un titolo, ma deve diventare una vera politica estera condivisa, fondata sulla cooperazione e sulla credibilità internazionale dell’Italia”.
Senza una pressione costante e concreta su Putin, non ci sarà alcuna pace possibile. L’Ucraina è pronta a negoziare, ma la Russia vuole ancora conquistare: per questo è giusto che l’Unione Europea continui con nuove sanzioni e con decisioni forti”. Lo afferma la deputata dem Lia Quartapelle, vicepresidente della commissione Esteri.
“L’Europa si muove – prosegue l’esponente dem - ma il governo Meloni resta muto e privo di iniziativa. È il governo più stabile d’Europa eppure non propone mai una vera strategia: si limita a seguire ciò che decidono gli altri nei consessi europei o ciò che suggerisce Donald Trump. Un atteggiamento che non è all’altezza di un Paese come l’Italia”.
“Il Partito democratico – conclude Quartapelle - chiede che il nostro governo assuma finalmente un ruolo propositivo per rafforzare l’Europa. Meloni dice di voler difendere l’Occidente, ma Trump non è chiaro se voglia difendere l’Occidente o Putin. Per questo l’Italia deve stare saldamente nell’Unione Europea, rendendola più forte e più unita. La pace in Ucraina passa attraverso il coinvolgimento di tutti i grandi Paesi del mondo, inclusa la Cina, che va chiamata a una responsabilità vera e trasparente”.
Ma quale governo della stabilità, quello Meloni è il governo dell’austerità: hanno presentato la manovra più piccola degli ultimi anni, con coperture incerte e senza misure per la crescita.
Litigano sugli affitti brevi, non hanno una strategia per lo sviluppo e mancano del tutto politiche industriali. Taglio delle tasse irrilevanti e pochi euro per le pensioni: quindi non sarà minimamente compensato l’aumento del carrello della spesa né i costi dell’energia che pesano su famiglie e imprese e che sono i più alti d’Europa. Per non parlare della sanità, dove gli investimenti raggiungono il minimo storico degli ultimi anni.
Mancano anche i 25 miliari di euro per le imprese annunciati per fronteggiare l’aumento dei dazi, tema che la Premier si rifiuta di affrontare dopo non aver ottenuto alcun vantaggio dal suo rapporto privilegiato con Trump.
L’unica certezza ancora una volta è il premio all’infedeltà fiscale perché in questo paese le tasse le pagano sempre e solo gli stessi: lavoratori e pensionati. A quest’ultimi la manovra cancella anche le ultime agevolazioni rimaste come opzione donna.
Lo ha detto ad Agorà Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“Lei, presidente Meloni, ha parlato degli orrori di Hamas. In noi provocano sconcerto. Si figuri quando abbiamo sentito paragonare quell'organizzazione terroristica alle opposizioni democratiche del suo Paese. Sarà il suo famoso appello alla responsabilità. Allora le faccio io un appello: nel piano Trump la prospettiva dei due Stati è avvolta nella nebbia e c’è un solo modo per diradarla: riconoscere lo Stato di Palestina, perché significa riconoscere non Hamas ma l'Autorità nazionale palestinese per dargli forza, condannare l'occupazione illegale e l’annessione della Cisgiordania. Lo hanno già fatto più di 150 Paesi e non è degno per l'Italia arrivare per ultima. I crimini compiuti non possono restare impuniti se vogliamo ricostruire l'integrità del diritto internazionale che ha Gaza è stato seppellito. Contro tutto questo si sono mobilitate le opinioni pubbliche. Trump ha detto a Netanyahu ‘non puoi fare la guerra contro tutto il mondo’. Lui lo ha capito, lei ancora No”.
Così il responsabile Esteri della segreteria del Pd, Peppe Provenzano, intervenendo in Aula alla Camera sulle comunicazioni della presidente Meloni.
“Non c'è pace senza l'Ucraina - ha aggiunto - e non c'è sicurezza senza l'Europa. Lo diciamo dal primo giorno, ma qual è l'iniziativa dell’Italia e dell'Europa? Il vertice tra Trump e Putin, che dovrebbe tenersi in Ungheria, non deve ripetere l'errore dell'Alaska, il cui unico esito è stata una rilegittimazione di Putin sul piano internazionale che lui ha usato per continuare a massacrare l’Ucraina, i civili inermi, chi eroicamente resiste. Questo provoca lo sdegno credo di tutto il nostro Parlamento. Ma una cosa è certa, il Vannacci supporter del macellaio del Cremlino non lo troverete qui tra i nostri banchi. Qui non troverete gli amici di Orban che sono amici di Putin. Meloni - ha concluso - continua a rimproverare l'immobilismo dell'Europa, ma quell'immobilismo è il frutto degli egoismi nazionali delle destre al governo e di una Commissione europea che vi corre dietro. E del potere di veto che volete difendere”.
“Interventi minimali, risorse insufficienti e tagli consistenti alla dotazione del ministero dell’Agricoltura: questa, in sintesi, è la fotografia della legge di bilancio appena bollinata, che conferma l’indifferenza del governo verso un comparto ormai abituato a ricevere risposte solo di fronte alle emergenze, e mai politiche strutturali. Nel frattempo, imperversano i dazi dell’alleato Trump, mentre settori strategici come quello del grano e del vino richiederebbero tutele mirate e strategie di medio-lungo periodo. A maggio, puntualmente, il governo tornerà ad ‘accorgersi’ della siccità e della crisi idrica, e come in una giostra felliniana torneranno a girare le autobotti per tentare di dare un minimo ristoro”.
Così i componenti Pd della commissione Agricoltura alla Camera, Antonella Forattini (capogruppo), Maria Stefania Marino, Nadia Romeo, Andrea Rossi e Stefano Vaccari.
“Sorgono però - aggiungono - domande imprescindibili: come il governo italiano sta spingendo la Commissione Europea a rivedere la malsana proposta di accorpamento dei fondi Pac con quelli della Coesione? E come pensa di intervenire per ripristinare il taglio consistente previsto per il settore agroalimentare? Infine, sarebbe utile sapere che fine ha fatto il Coltivitalia, annunciato in maniera roboante lo scorso luglio con una dotazione di un miliardo di euro: è ancora fermo al Mef, alla ricerca delle coperture finanziarie maldestramente previste? Oppure anche in questo caso si utilizzerà il machete per stralciare alcune delle misure programmate? Domande - concludono - che meritano una risposta”.
“L’Europa vive un momento delicatissimo, stretto tra guerre, crisi geopolitiche e tensioni commerciali. In questo contesto serve più Europa, non meno Europa. Il mantra della presidente Meloni, che vuole un’Unione che faccia meno, è sbagliato. Noi chiediamo un’Europa che faccia di più e meglio, capace di proteggere davvero i cittadini di fronte a sfide globali che nessun Paese può affrontare da solo”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Ue, durante le dichiarazioni di voto sulle mozioni in materia di politiche di coesione.
“Le politiche di coesione – ha aggiunto l’esponente dem - sono il cuore del progetto europeo, ma oggi rischiano di essere svuotate. La proposta della Commissione di accentrare la gestione dei fondi, unificandoli con altri strumenti, mette in pericolo il principio di sussidiarietà e l’autonomia dei territori. È lo stesso modello che il ministro Fitto ha applicato in Italia, centralizzando le risorse del Fondo di sviluppo e coesione e producendo ritardi enormi. Così si indebolisce il Mezzogiorno, ampliando e aggravando i divari territoriali esistenti”.
“Il governo Meloni – ha concluso De Luca - con l’autonomia differenziata, con la gestione politicizzata dei fondi e con la resa ai dazi imposti da Trump, lavora contro l’Europa e contro l’interesse nazionale. Noi continueremo a difendere l’unità del Paese, la giustizia territoriale e sociale, e un’Europa solidale che sostenga famiglie, imprese e territori. Perché chi indebolisce l’Europa indebolisce l’Italia”.
È vero che l’Italia si accingerebbe a negoziare direttamente con gli Stati Uniti i dazi per la pasta ed è vero che l’Italia sarebbe interessata a ridimensionare il supporto all’Ucraina? Le parole del presidente Trump lasciano poco spazio alle interpretazioni. Perciò Meloni non può far finta di nulla. Deve chiarire da che parte sta l’Italia e se è destinata a essere l’avamposto di Trump per rompere il fronte europeo e indebolire definitivamente l’Unione europea che non è soltanto un sodalizio economico, ma anche e soprattutto un patto politico tra stati che condividono valori, diritti e libertà.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.