«I dati diffusi da ActionAid e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari sono sconcertanti: l’operazione Albania è la più costosa, inutile e disumana mai sperimentata nelle politiche migratorie italiane» – dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«L’operazione Albania è l’emblema del fallimento complessivo del sistema CPR: 74 milioni di euro spesi con affidamenti diretti per costruire strutture mai completamente operative, e 570mila euro versati in soli 5 giorni all’ente gestore Medihospes per trattenere qualche decina di persone. Il costo medio per ogni posto effettivamente disponibile nei CPR albanesi nel 2024 è stato di oltre 153.000 euro. Oggi, nonostante la retorica del governo, nei centri in Albania ci sono appena 26 persone, e la stragrande maggioranza delle persone deportate sono state riportate in Italia. È una presa in giro per i cittadini italiani, con le cui tasse è pagato tutto questo, ed è uno spreco che genera sofferenze inutili.»
«I numeri parlano da soli e sono spaventosi. Solo nel 2024 il sistema della detenzione amministrativa è costato all’Italia quasi 96 milioni di euro, più di quanto speso in tutti i sei anni precedenti messi insieme. A fronte di questa spesa enorme, il tasso di rimpatri effettuati è del 41,8%. Una percentuale che scende al 10,4% se si guarda all'intero numero di persone che hanno ricevuto un provvedimento di allontanamento» – dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«Oltre agli sprechi, c’è il dramma: 3 morti di CPR solo nell’ultimo anno e mezzo, oltre 30 da quando esiste la detenzione amministrativa. E mentre i centri si svuotano, aumentano i costi e le sofferenze: quasi la metà dei trattenuti nel 2024 erano richiedenti asilo, di cui il 21% senza nemmeno un provvedimento di allontanamento. In moltissimi casi, sono stati i giudici a dover intervenire per liberare chi non doveva nemmeno essere trattenuto: il 29% delle uscite è avvenuto per mancata convalida del provvedimento di trattenimento» prosegue Scarpa.
«Siamo di fronte a un meccanismo che produce dolore, ingiustizia e inefficacia. Non garantisce più sicurezza, non serve alla gestione dei flussi, e costringe lo Stato a spendere milioni per una repressione che non funziona. Quello che oggi chiamiamo CPR è un sistema costruito per negare diritti, scaricare responsabilità e alimentare consenso sulla pelle delle persone più fragili» conclude.
«Chiediamo la chiusura immediata dei CPR, a partire da quelli in Albania. I numeri ci dicono che non funzionano, la cronaca ci racconta che fanno male, e la Costituzione ci impone di difendere la dignità umana, non di calpestarla. Basta ipocrisie: è tempo di cambiare strada.»
Il ministro 'cambia idea' firmò l'appello contro la separazione delle carriere
“Il Pd non ha chiesto al ministro Nordio notizie sulla vicenda giudiziaria legata al caso Almasri, perché non gli compete. Ha chiesto informazioni sull'evidente responsabilità politica da cui non può sfuggire. Sulla presenza di Almarsi in Italia il ministero era informato e il governo ha deciso di liberarlo. Liberare un criminale, torturatore e stupratore di bambini. Il ministro non prova neanche un briciolo di vergogna ad aver liberato e riaccompagnato a casa Almasri su un volo di Stato? Intanto, in queste ore un ministro tedesco, su mandato internazionale della Corte penale internazionale, ha arrestato un criminale libico che aveva le stesse accuse di Almasri”. Lo dichiara la deputata Pd Debora Serracchiani intervenendo in replica al ministro Nordio durante il Question time sul caso Almasri.
“Fanno un po' sorridere le parole di Nordio – sottolinea l'esponente dem - quando parla di 'segreto': accanto a lui siede un sottosegretario alla Giustizia che è stato condannato a 8 mesi proprio per rivelazione di segreto d'ufficio. Se l'attenzione al segreto è così alta, Nordio dovrebbe chiedere un passo indietro al sottosegretario”.
“Il ministro Nordio è quello che più volte ha cambiato idea. Colui che non voleva nuovi reati, che predicava la depenalizzazione e non voleva le persone in carcere. Oggi fa esattamente il contrario. Nel dicembre 1992, nell'appello firmato da 1502 Pm contro la separazione delle carriere, c'era anche la firma del Pm di Venezia, Carlo Nordio. La stessa separazione delle carriere che oggi il ministro offre agli italiani con convinzione. Quindi ringraziamo il ministro perché abbiamo speranza che cambi idea, ancora una volta”, conclude Serracchiani.
“Il ministro Nordio deve smettere si seguire la strada delle omissioni e delle reticenze e deve dire la verità sul caso Almasri. Il Pd non chiede al ministro dichiarazioni sul procedimento che pende davanti al tribunale dei ministri nel quale è indagato, ma pone una gigantesca questione politica dalla quale Nordio non può scappare a gambe elevate come ha fatto fino ad oggi: si chiede la verità sul caso Almasri”. Lo dichiara il deputato Federico Gianassi, capogruppo Pd in Commissione Giustizia, durante il Question time alla Camera con il ministro Nordio.
“Nordio – continua il parlamentare dem - ha detto nell'Aula di Montecitorio che il suo ministero si è potuto attivare soltanto nella giornata del 20 gennaio, ma dalla stampa sappiamo che lo stesso dicastero era già attivo dal giorno prima, poche ore dopo l'arresto del 'tagliagole' libico. O il ministro Nordio era a conoscenza dei fatti e quindi ha mentito al Parlamento, oppure la struttura da lui guidata si muove senza che il ministro ne abbia consapevolezza. Nel primo caso avremmo difronte un ministro che mente, nel secondo un ministro che non conta nulla”, conclude Gianassi.
“La lotta alla violenza sulle donne non passa solo attraverso le aule giudiziarie, ma anche e soprattutto attraverso l’educazione e la prevenzione. Ringrazio quindi il gruppo al Senato del Pd per aver fatto approvare gli ordini del giorno che impegnano il Governo anche su questo fronte”.
Così Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, sull’approvazione in Senato del Ddl Femminicidio e sui tre odg presentati dal gruppo del Pd.
“Conosciamo bene i tempi della giustizia in Italia - prosegue la deputata dem - e per quanto sia importante dare il corretto nome ai fenomeni lo è altrettanto prevenirli, attraverso l’educazione e strumenti che agiscano prima che venga commesso un reato”.
“Ora attendiamo che il testo arrivi alla Camera, ricordando che quella dei femminicidi è una strage da combattere in maniera prioritaria” conclude Gribaudo.
"Oggi alla Camera dei deputati abbiamo presentato la proposta di legge per introdurre il codice dei crimini internazionali nell'ordinamento italiano. Se avessimo avuto questa legge qualche mese fa, l'Italia avrebbe potuto processare Almasri e le vittime delle sue torture, dei suoi stupri, delle sue violenze avrebbero avuto giustizia. Senza sotterfugi, senza aerei di stato che lo riportano in patria a continuare a torturare e violentare bambini, senza alibi". Lo dichiara, a margine della conferenza stampa, Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"Con il codice dei crimini internazionali, che molti altri paesi dell'Ue già hanno, chiunque, di qualsiasi nazionalità, sia sospettato di avere commesso crimini di guerra o contro l'umanità ovunque nel mondo, nel momento in cui si trova in Italia può essere indagato, arrestato e processato nel nostro paese. Vladimir Putin, Benjamin Netanyahu, Yoav Gallant tutti accusati di crimini di guerra e contro l'umanità, se venissero in Italia, dovrebbero rispondere dei loro crimini davanti a un giudice italiano. Un importante cambio di paradigma che introduce nel nostro ordinamento il principio di giurisdizione universale - spiega Boldrini -. In un momento in cui il diritto internazionale è sotto attacco così come i tribunali internazionali, in cui Trump emette sanzioni ai giudici della Corte Penale internazionale come se fossero dei narcotrafficanti, in cui Netanyahu continua a commettere crimini di guerra e contro l'umanità indisturbato, il Partito Democratico manda un segnale chiaro in difesa del diritto internazionale e dell’impianto multilaterale che dalla fine della seconda guerra mondiale ha consentito che non prevalesse la legge della giungla ma il diritto".
"All'inizio del suo mandato il Ministro Nordio aveva annunciato l'introduzione del codice dei crimini internazionali. Poi, però, a questa promessa non è stato dato seguito e di quel provvedimento si sono perse le tracce - prosegue la deputata dem -. Perché il codice dei crimini internazionali è sparito dall’orizzonte di governo e maggioranza? Adesso che la proposta di legge l'abbiamo presentata noi, ci aspettiamo il sostegno della maggioranza. Altrimenti Nordio dovrà spiegare cosa o chi gli ha fatto cambiare idea".
"Ringrazio Amnesty International per avere ispirato questa proposta di legge, la professoressa Alessandra Annoni e i professori Triestino Mariniello e Antonio Marchesi le cui competenze giuridiche in tema di diritto internazionale sono state fondamentali per la stesura del testo. E ringrazio la capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga, la responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani e il capogruppo del Pd in commissione Giustizia Federico Gianassi per avere fatto loro questa proposta fin da subito" conclude.
“La mancata previsione del ripristino del tribunale di Nicosia nel disegno di legge sulle circoscrizioni giudiziarie approvato dal Consiglio dei Ministri è l’ennesimo segnale di disattenzione verso le aree interne della Sicilia e verso l’intera provincia di Enna”. Lo dichiara Maria Stefania Marino, deputata del Partito Democratico, commentando il provvedimento proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.
“Nonostante gli annunci e le promesse - continua l'esponente dem - il governo ignora la richiesta unitaria di un intero territorio, come quello dei Nebrodi e dell’area nord della provincia di Enna, che da anni chiede la riapertura del presidio giudiziario di Nicosia, dopo la soppressione nel 2013. La chiusura del tribunale di Nicosia ha aggravato l’isolamento territoriale e giurisdizionale di un’area già colpita da spopolamento, disservizi infrastrutturali e presenza criminale, con ricadute evidenti anche in termini di aumento dei costi e tempi per cittadini, avvocati e operatori della giustizia”.
“È paradossale che in un provvedimento che si pone l’obiettivo di riequilibrare la distribuzione della giustizia territoriale si dimentichi di zone difficili come quella ennese, segnate da condizioni orografiche complesse, fragilità sociali e rischi legati alla criminalità organizzata. Ci batteremo, nel corso del passaggio parlamentare del disegno di legge, per correggere questa esclusione”, conclude Marino.
Dem presentano Pdl su Codice dei Crimini internazionali
Perché il criminale Almasri non è stato processato in Italia? Perché le donne ucraine che hanno subito stupri e ora sono rifugiate in Italia non possono avere giustizia nel nostro Paese? Come si può impedire che l'Italia diventi il rifugio di persone sospettate di crimini internazionali commessi a Gaza o in Sudan? Oggi, mercoledì 23 luglio alle ore 11.30, presso la sala stampa della Camera dei Deputati (via della Missione 4) si terrà la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge "Codice dei crimini internazionali" a prima firma di Laura Boldrini. Un testo che dà risposte a tutte queste domande e garantisce la piena attuazione degli obblighi previsti dallo Statuto di Roma approvato nel 1998, permettendo all'Italia di cooperare pienamente con tutti quei paesi che prevedono già questi crimini nel loro ordinamento.
Interverranno: Chiara Braga, presidente dei deputati del Pd; Laura Boldrini, Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, Federico Gianassi, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia alla Camera, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, e gli esperti che hanno collaborato alla stesura del testo: Alessandra Annoni, professoressa ordinaria di diritto internazionale presso l'Università di Ferrara, Triestino Mariniello professore ordinario di diritto penale internazionale Liverpool John Moores University (UK) e rappresentante legale delle vittime di Gaza presso la Cpi e Antonio Marchesi, professore associato di diritto internazionale, Università di Teramo.
“Il governo Meloni non passerà alla storia per aver difeso i diritti delle persone con disabilità. Nessuna strategia sulla vita indipendente, tagli di centinaia e centinaia di milioni di euro, una ministra per le Disabilità scomparsa. Oggi, però, un risultato lo abbiamo portato a casa. Grazie a un ordine del giorno a mia prima firma, cofirmato con i colleghi Guerra e Merola, il governo si impegna a correggere un’ingiustizia che dura da anni: alzare la soglia di reddito per i figli con disabilità a carico, portandola a 4.000 euro annui senza limiti di età". Così Marco Furfaro, capogruppo PD in Commissione Affari Sociali, a margine dell'approvazione.
"Finora, incredibilmente, basta una pensione di reversibilità di poco più di 3.000 euro per far perdere a un genitore le detrazioni fiscali per un figlio con disabilità. Una soglia assurda, ferma al 1997, che colpisce proprio chi avrebbe più bisogno di sostegno. Vigileremo, passo dopo passo, affinché il Governo dia piena attuazione all’impegno. Le famiglie con figli con disabilità meritano risposte concrete, non pacche sulle spalle, promesse o passerelle”.
Oggi la maggioranza vota la riforma della giustizia, una riforma costituzionale unica nella storia che non abbia visto accogliere un solo emendamento. Vota per indebolire la magistratura, per controllare un potere dello Stato. Come tutte le destre non sopporta contrappesi e controlli, tutto ciò che frena una deriva autoritaria viene considerato un ingombro. Oggi è stata scritta una brutta pagina ma non è finita. Ci sono ancora alcuni passaggi parlamentari e poi il referendum. Toccherà agli italiani tutti fermare l’arroganza di chi è allergico alle regole e vuole piegare le istituzioni ai voleri di una parte, la propria, a destra. Non lo consentiremo.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“Domani chiederemo al ministro Nordio nel Question Time in Parlamento di chiarire le ragioni per cui omise negli interventi in Aula di comunicare quello che si è letto sui giornali in queste settimane e cioè che il ministero della Giustizia in relazione all’arresto di Almasri sarebbe stato informato già dal 19 gennaio e conseguentemente di spiegarci le motivazioni per cui il Ministero ne ha determinato la liberazione”. Così Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio, annunciando il Question time del Pd che stigmatizza, inoltre, gli attacchi portati avanti dal ministro Nordio e da esponenti del governo e della maggioranza nei confronti della magistratura.
“Siamo di fronte all’ennesima presa in giro da parte del Governo che va avanti a colpi di decreti e di fiducie a raffica. Sulle carceri nulla di concreto ancora.
È l’ennesima prova che al ministro Nordio e a questo esecutivo non interessa affatto la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane, dove ogni giorno si consumano violazioni dei diritti e si rischiano nuove tragedie”.
Lo dichiara Debora Serracchiani, deputata del Partito Democratico e responsabile Giustizia nella segreteria nazionale del partito.
“Sul sovraffollamento – prosegue Serracchiani – finora non è stato fatto assolutamente nulla. La proposta parlamentare per la liberazione anticipata, a prima firma del collega Roberto Giachetti, che il Partito Democratico ha appoggiato da tempo, è stata bloccata in Aula proprio dalla maggioranza. E ora, quando potrebbero approvarla in tempi rapidi, la tengono nel cassetto per portare avanti uno schema di decreto che non affronta il nodo strutturale. È evidente che non c’è alcuna volontà politica di intervenire realmente”.
“Anche sulla questione dei detenuti tossicodipendenti – aggiunge Serracchiani – siamo di fronte a una colpevole inerzia. Da oltre un anno è in vigore il cosiddetto ‘decreto carceri’, in cui si prevedeva che i detenuti tossicodipendenti fossero inviati in comunità o strutture residenziali adeguate, ma nulla è stato fatto per attuare quella norma. Solo oggi, in fretta e furia, portano in pre- Cdm un nuovo provvedimento, che rischia di restare l’ennesima operazione di facciata”.
“Chiediamo con forza che si smetta di perdere tempo e si approvino subito misure efficaci: una nuova disciplina sulla liberazione anticipata, un piano serio per la presa in carico dei detenuti vulnerabili, investimenti sulle strutture alternative al carcere e sul personale penitenziario. Ogni giorno di ritardo – conclude Serracchiani – aggrava una situazione già insostenibile. Il ministro Nordio dimostri, almeno una volta, di avere un minimo di responsabilità istituzionale”.
“Sul carcere non è più il tempo di annunci, bluff e rinvii. Serve una svolta immediata.
Le carceri vertono in condizioni drammatiche, il numero dei suidici è spaventoso. E’ passato un anno dal decreto-legge sul carcere e non è stato fatto nulla, nemmeno il decreto attuativo che doveva essere adottato entro 6 mesi. Vediamo cosa farà oggi il governo in CdM, ma serve serietà, concretezza e un radicale cambio di passo”. Lo dichiara Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio.
Perché il criminale Almasri non è stato processato in Italia? Perché le donne ucraine che hanno subito stupri e ora sono rifugiate in Italia non possono avere giustizia nel nostro Paese? Come si può impedire che l'Italia diventi il rifugio di persone sospettate di crimini internazionali commessi a Gaza o in Sudan? Domani, mercoledì 23 luglio alle ore 11.30, presso la sala stampa della Camera dei Deputati (via della Missione 4) si terrà la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge "Codice dei crimini internazionali" a prima firma di Laura Boldrini. Un testo che dà risposte a tutte queste domande e garantisce la piena attuazione degli obblighi previsti dallo Statuto di Roma approvato nel 1998, permettendo all'Italia di cooperare pienamente con tutti quei paesi che prevedono già questi crimini nel loro ordinamento.
Interverranno: Laura Boldrini, Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, Federico Gianassi, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia alla Camera, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, e gli esperti che hanno collaborato alla stesura del testo: Alessandra Annoni, professoressa ordinaria di diritto internazionale presso l'Università di Ferrara, Triestino Mariniello professore ordinario di diritto penale internazionale Liverpool John Moores University (UK) e rappresentante legale delle vittime di Gaza presso la Cpi e Antonio Marchesi, professore associato di diritto internazionale, Università di Teramo.
Il vile atto vandalico contro il monumento a Giacomo Matteotti, avvenuto oggi a Roma, non offende soltanto la Capitale né solo il Polesine, sua terra natale. È un affronto a tutto il Paese. Colpisce uno dei figli più illustri dell’Italia repubblicana, simbolo di coraggio, legalità, democrazia e libertà. Un uomo che ha pagato con la vita la sua opposizione al fascismo, divenendo martire della libertà e della giustizia. Che si tratti di un gesto deliberato, con una precisa matrice politica, o di un atto vandalico “cieco”, il movente resta comunque uno: l’ignoranza. Solo chi ignora – o rifiuta – il messaggio di Matteotti, che va oltre ogni bandiera di parte per affermarsi come patrimonio comune di ogni democrazia, può pensare di colpirne il simbolo. Alla condanna ferma e senza esitazioni si unisce oggi un sentimento profondo di tristezza. Perché atti come questo non feriscono solo la memoria, ma mettono in discussione i valori su cui si fonda la nostra convivenza civile”. Così la deputata democratica, Nadia Romeo.
“Un uomo di 54 anni si è tolto la vita nel carcere di Rebibbia. È il 41esimo suicidio tra i detenuti dall’inizio dell’anno. Se si aggiungono anche le morti tra gli operatori penitenziari, siamo davanti a una vera e propria strage silenziosa che si consuma dentro le mura delle nostre carceri. Uno Stato civile non può tollerare che la detenzione si traduca, di fatto, in una condanna a morte.” Lo dichiara la deputata Pd Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
“Il carcere di Rebibbia - spiega la deputata - ospita oggi più di 1.560 detenuti, a fronte di una capienza di poco superiore ai mille. Il sovraffollamento è a livelli intollerabili, le condizioni igienico-sanitarie e psicologiche sono critiche, e chi lavora in questi istituti è lasciato solo. Di fronte a questa emergenza, il Governo tace o, peggio, minimizza. Le dichiarazioni del Ministro Nordio sono inadeguate e offensive verso una realtà che grida vendetta. Le carceri italiane sono allo stremo - conclude Di Biase - e chi ha la responsabilità politica della giustizia non può continuare a voltarsi dall’altra parte.”