"Oggi diciamo basta. Basta alle sentenze nei casi di stupro in cui l'accusato viene assolto perché lei "doveva sapere cosa aspettarsi", perché lei aveva già avuto rapporti e quindi era "in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione". Basta a "se manca il dissenso non c’è violenza". Basta a domande come "perché non sei scappata?", "perché non hai detto no?", "perché non hai reagito?". Tutto questo si chiama paura, non consenso. Si chiama paralisi, non consenso. Si chiama momentanea incapacità di intendere, non consenso. Il consenso è un’altra cosa. E con l'approvazione alla Camera della legge sul consenso, mettiamo nero su bianco che solo sì è sì. Che il sesso senza consenso è stupro". Lo ha dichiarato Laura Boldrini, deputata Pd e prima firmataria della proposta di legge originaria, durante la dichiarazione di voto alla Camera del deputati.
"Principi già sanciti dalla Cassazione e della Convenzione di Istanbul e sulla base dei quali ho elaborato e presentato la proposta di legge a mia prima firma che è stata oggetto di discussione e di numerose audizioni in Commissione giustizia - ha sottolineato Boldrini -. Un sincero ringraziamento va ai giuristi, alle giuriste e alle associazioni che sono intervenute in proprio in Commissione e lo hanno fatto con grande competenza.
E un grazie in particolare ad Amnesty International, promotrice di una intensa campagna dal titolo molto chiaro: "Solo sì è sì".
Questo risultato è frutto di un lavoro di squadra tra donne, donne di diverso orientamento politico, che fa bene al nostro paese. Perché quando c’è da combattere la violenza contro le donne, essere avversarie non conta più: unite si va dritte alla meta".
"È stata molto importante l’interlocuzione tra la segretaria Elly Schlein e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Decisivo è stato il confronto tra le due relatrici, Michela De Biase e Carolina Varchi, che ringrazio sentitamente, da cui poi è nato il testo condiviso approvato con voto unanime in commissione Giustizia e, oggi, votato a Montecitorio . Grazie anche alla capogruppo Chiara Braga che ha sostenuto questa proposta di legge e il suo iter - ha ricordato la deputata dem -. Prima di chiudere vorrei chiarire un altro punto. Non serviranno, come sostiene una volgare e becera campagna di fake news, di vera e propria disinformazione, moduli da compilare e contratti da firmare prima di avere un rapporto sessuale. Tutto falso. L'unica cosa che serve è un sì. Un sì libero ed esplicito. È un principio di civiltà quello che introduciamo oggi, unendoci a 21 paesi europei.
Lo dobbiamo a tutte quelle donne che – non essendo state in grado di reagire all’aggressione sessuale – non sono state credute e quindi non hanno avuto giustizia".
"Non abbiamo la pretesa di avere risolto, con questa legge, il problema della violenza sulle donne - ha concluso Boldrini -. E' fondamentale che si passi dall'educazione all'affettività e alla sessualità. Il consenso va insegnato fin da piccole e piccoli perché non si arrivi a doverlo ribadire nei tribunali, quando la violenza è stata già compiuta".
“Oggi assistiamo ad un cambio di paradigma. Per cui, sarà violenza sessuale non soltanto quell'atto compiuto, che viene fatto compiere o che si induce a compiere, con minaccia, violenza, costrizione, approfittando dell'inferiorità fisica o psichica e abusando del proprio potere, sarà violenza sessuale quella violenza che avviene senza un consenso libero e attuale. "Libero" e "attuale" sono due termini davvero molto importanti, che contengono in sé anche il filone giurisprudenziale, che negli anni si è formato, della Corte di cassazione, che ha voluto appunto precisare che cosa significa libertà, nell'espressione del proprio consenso, e attualità del consenso, che deve esserci durante tutto l'atto sessuale. E lavoreremo quotidianamente perché si faccia un passo in più, che non è stato possibile avere con questo provvedimento, ma che sarà - ne sono certa e lo spero - lavoro, anche questo, comune. Manca tutta la parte relativa alla prevenzione; manca un investimento serio sull'educazione sessuale e affettiva nelle scuole, un aiuto alle famiglie; manca la prevenzione, perché, quando ci occupiamo del neo-reato di femminicidio o di questa riforma della violenza sessuale, non possiamo dimenticare che interveniamo comunque, sempre, nella fase cosiddetta patologica, cioè quando il fatto è già avvenuto. Noi dobbiamo prevenirlo, investendo sulla cultura e sull'educazione. Per questo auspichiamo che oggi si faccia questo intervento di natura penalistica, ma che domani si sia pronti davvero ad intervenire tutti insieme sulla prevenzione, sull'educazione e sulla formazione.
Credo davvero che si sia scritta una bella pagina. Credo che davvero si sia data una risposta preziosa e credo anche che il nostro lavoro, che è stato un lavoro quotidiano e fatto tutti insieme, abbia dato un segnale positivo ai nostri cittadini e alle nostre cittadine, abbia dato anche un segnale positivo alla nostra possibilità di fare ancora di più e meglio". Lo ha detto Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd, a proposito della pdl di modifica del 609 bis del codice penale in materia di violenza sessuale.
Oggi alla Camera dei Deputati è in discussione la legge del Partito Democratico a prima firma Boldrini, che modifica il 609-bis del codice penale, introduce il concetto di consenso libero e attuale come criterio fondamentale nei reati sessuali. Michela Di Biase, deputata PD e relatrice di minoranza del provvedimento, sottolinea l’importanza della riforma: «Questo nuovo testo rappresenta un grande cambiamento culturale, perché troppo spesso le donne sono state costrette a giustificarsi di fronte alle violenze subite. Il sesso senza consenso è stupro: è un principio molto semplice, ed è tempo che la legge lo dica con chiarezza. Il consenso deve essere sempre liberamente espresso e revocabile». Di Biase evidenzia come la norma recepisca anche le indicazioni della Corte di Cassazione e garantisca «maggiore tutela alle vittime, evitando le cosiddette domande “choc” nelle aule di giustizia volte a colpevolizzarle». – conclude Di Biase – l’Italia si allinea a standard europei come Francia e Spagna e alla Convenzione di Istanbul. L’unanimità raggiunta in commissione e il clima che stiamo registrando in aula conferma l’impegno bipartisan nella lotta alla violenza sulle donne, un aspetto non scontato in questa legislatura che va valorizzato».
“Ad oggi c'è una grande discrepanza tra il piano di grandi assunzioni sbandierato dal governo e l'effettiva carenza di personale presso le Procure della Repubblica con una media nazionale di scopertura del 30,63%, con punte oltre il 46% a Ravenna. Sono elementi di emergenza che in molti casi impediscono la fornitura di servizi essenziali e garantire l'accesso e la risposta della Giustizia” Lo dichiara in replica ad una sua interrogazione urgente, la deputata ravvenate del Pd, Ouidad Bakkali.
“In alcuni casi – sottolinea la parlamentare - a sopperire la mancanza di personale amministrativo è la stessa polizia giudiziaria a collaborare in forma integrativa e, da questo punto di vista, città come Ravenna sono in grande difficoltà per il mantenimento della legalità e della capacità delle indagini di medio e lungo periodo”.
“C'è un'evidente compressione dei diritti per chi è soggetto coinvolto o sotto indagine o sotto processo giudiziario. Oggi il governo fornisce nuovi numeri sulle assunzioni che il Pd continuerà ad attenzionare sperando che non siano le solite promesse, poi non mantenute. Queste sono le questioni riguardanti la giustizia che dovrebbero essere priorità del governo e non la riforma ideologica che non risolve mezzo problema”, conclude Bakkali.
“Servono chiarezza e impegni concreti sul futuro dei lavoratori precari del PNRR Giustizia impiegati nei tribunali e nelle procure della Sicilia. Parliamo di centinaia di persone – a Palermo, Catania, Trapani, Agrigento, Ragusa, Siracusa – che da anni contribuiscono, spesso in maniera decisiva, a garantire le attività degli uffici giudiziari della nostra regione: riducono l’arretrato, migliorano i tempi dei procedimenti, digitalizzano gli atti, garantiscono servizi fondamentali ai cittadini”: è quanto dichiara la deputata Pd Maria Stefania Marino depositando una interrogazione parlamentare al Ministro Nordio.
“La loro professionalità è ormai parte integrante del sistema. Eppure a pochi mesi dalla scadenza dei contratti, prevista per il 30 giugno 2026, il governo non ha ancora dato alcuna risposta concreta sulla stabilizzazione. Anzi: dalle informazioni rese note dai sindacati, l’esecutivo prevedrebbe l’assorbimento soltanto della metà dei lavoratori complessivi (6mila su 12mila). In Sicilia, ciò significherebbe la perdita di competenze indispensabili e un inevitabile aggravamento della già complessa situazione dei nostri tribunali”.
“Non si può parlare di riforma della giustizia e contemporaneamente scaricare chi ha reso possibili i progressi del Pnrr. Il personale assunto con il Piano di Ripresa e Resilienza non è una parentesi: è un investimento sul funzionamento dello Stato. Il governo apra subito un confronto con i sindacati e garantisca stabilizzazioni vere, non slogan. La Sicilia non può permettersi di tornare indietro”: conclude.
“La Presidente Meloni ascolti le parole di Mario Nava, direttore della direzione generale Lavoro e politiche sociali della Commissione europea. La direttiva sul salario minimo ha aiutato a contrastare la disoccupazione e a ridurre il gender gap. Sono dati reali, non fantasie. Continuare, anche dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea, a ignorare che c’è la necessità di una norma che aiuti i salari poveri a crescere e rimettere in moto la domanda interna è davvero incredibile. Riapriamo tutti insieme la discussione su una legge sul salario minimo: siamo pronti a confrontarci con il governo in ogni momento per introdurre una misura giusta e utile”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“A tre manovre di bilancio dall’inizio del suo mandato, il ministro Piantedosi continua con gli annunci, ma i risultati non si vedono. Sulle assunzioni delle forze di polizia ripete da mesi le stesse promesse, spacciando per piano straordinario il normale turnover già previsto, mentre le carenze negli organici restano tutte.
Sulla riforma della Polizia Locale parla di “dirittura d’arrivo”, ma è ferma da tre anni in Prima Commissione alla Camera, bloccata dalla stessa maggioranza per divisioni interne: è paradossale che continuino a fare annunci quando lo stallo è responsabilità loro.
Rivendica poi il trasferimento ai Comuni di 105 milioni per le spese sostenute nel 2023 e 2024 per i minori stranieri non accompagnati, ma non può vantarsi di ciò che avrebbe dovuto fare due anni fa, dopo aver persino comunicato ai sindaci che avrebbe rimborsato solo un terzo dei costi sostenuti.
Sui reati, Piantedosi si affida ai confronti con il 2015 per dire che la criminalità è in calo, ignorando i dati più rilevanti: dal 2022, cioè con il Governo Meloni, i reati sono aumentati ogni anno rispetto all’anno precedente. Oggi sostiene che non esista emergenza sicurezza, quando negli anni scorsi la rivendicava con toni allarmistici pur con numeri più bassi di quelli attuali.
La verità è che le politiche del Governo sulla sicurezza non stanno funzionando. E mentre i problemi aumentano, dal Viminale arrivano solo propaganda, vecchi annunci riciclati e gioco delle tre carte sui fatti sulla criminalità” così il responsabile giustizia del Pd e componente della commissione affari costituzionali della camera, Matteo Mauri.
“La COP30 rappresenta un passaggio decisivo: a Belém il mondo deve dimostrare di voler passare dalle promesse all’azione per garantire sviluppo sostenibile e tutela delle comunità. Questo è possibile attraverso strumenti innovativi come il fondo Tropical Forest Forever Facility per proteggere le foreste tropicali, promosso dal Brasile in questa Cop, e implementando pienamente l’Accordo di Parigi su mitigazione, adattamento, finanza per il clima, con i Paesi sviluppati chiamati a un impegno solidale e più concreto per una transizione giusta ”.
Lo ha detto Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati, intervenendo all’incontro promosso dall’Unione Interparlamentare e dal Parlamento brasiliano a Belem in Brasile dove si sta svolgendo la Cop30.
“La giustizia climatica passa fondamentalmente per il coinvolgimento delle popolazioni indigene e delle comunità locali, garantendo loro partecipazione e accesso alle risorse e al tempo stesso trasparenza. Il ruolo dei Parlamenti è essenziale, anche per verificare la coerenza degli impegni assunti dai Governi” ha aggiunto Braga.
“Prendiamo atto dell’assenza di grandi Paesi a uno degli appuntamenti più importanti dei nostri tempi. E tuttavia, l’Unione Europea e altri attori globali si stanno muovendo investendo in rinnovabili, nuove tecnologie e stringendo nuove alleanze commerciali, per difendere il sistema multilaterale. In un mondo diviso, la lotta alla crisi climatica è oggi più che mai anche una scelta di pace e di giustizia” ha concluso Braga.
“Ancora una volta, sul caso Almasri, il Governo ha mentito. La ricostruzione secondo cui il rilascio sarebbe stato deciso per favorirne l’arresto in Libia è stata smentita dai fatti, mentre da Palazzo Chigi e Fdi è stata orchestrata una serie di comunicati identici per accreditarla come verità. Bugie istituzionali con versioni sempre diverse e contrastanti, iniziate nei giorni dell’arresto del tagliagole libico a gennaio, rilanciate in parlamento, procedute per mesi e rilanciate anche nei giorni scorsi quando la Libia ha deciso di arrestare Almasri. Ora basta, il Paese non può subire ulteriori umiliazioni su un caso di tale gravità. Le istituzioni meritano trasparenza, non propaganda” così una nota del capogruppo del PD nella commissione giustizia della camera, Federico Gianassi.
"Non è ben chiaro di quale modello parli Giorgia Meloni sul CPR in Albania. Quello per cui, da aprile, appena 220 sventurati sono stati selezionati arbitrariamente per una deportazione funzionale solo alla propaganda? Quello dell’enorme prigione vuota in mezzo al nulla, con una ventina di persone rinchiuse e i cani e i gatti randagi tutt’attorno? Quello che trattiene altrove forze dell’ordine che potrebbero essere meglio impiegate altrove? Quello che pochi giorni fa ha visto il terzo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, e che viola sistematicamente i più basici diritti umani, dalla salute alla difesa? Quello che 'funziona' solo grazie all’assenza di trasparenza, solo se sottratto allo sguardo della società civile, solo nella costante compromissione dei poteri ispettivi parlamentari? Quello dove il suo governo sta buttando un miliardo di euro dei contribuenti italiani? L’unica cosa storica, qui, è la vergogna che le politiche migratorie della destra italiana stanno gettando sul nostro paese". Così in una nota la deputata Pd, Rachele Scarpa commenta le dichiarazioni della presidente Meloni dopo il vertice tra Italia-Albania.
“Secondo fonti di stampa, la Procura della Repubblica di Milano avrebbe aperto un fascicolo d’indagine relativo a un presunto gruppo di cittadini italiani che, tra il 1993 e il 1995, avrebbero partecipato all’assedio di Sarajevo in qualità di cosiddetti “turisti della guerra”: mercenari uniti alle forze militari serbo-bosniache per sparare contro civili inermi. Un reato di omicidio volontario plurimo aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti, trattandosi di atti riconducibili a crimini contro l’umanità ai sensi del diritto penale internazionale.
I presunti “turisti-cecchini” avrebbero versato somme ingenti per partecipare a azioni di sterminio, arrivando a stabilire un vero e proprio ‘tariffario dell’orrore’, in base al quale ‘i bambini costavano di più, poi gli uomini (preferibilmente in divisa), le donne, mentre gli anziani potevano essere uccisi gratuitamente’. Una vicenda che, se confermata, configurerebbe fatti di estrema gravità morale, storica e giuridica, che ledono la memoria delle oltre 11.500 vittime civili dell’assedio di Sarajevo, che rischia di compromettere i rapporti bilaterali con la Bosnia Erzegovina e di danneggiare la reputazione internazionale del nostro Paese”.
Così si legge nell’interrogazione a prima firma del deputato e responsabile Esteri del Pd, Peppe Provenzano con cui si chiede al governo quali forme di cooperazione giudiziaria internazionale intenda attivare con le autorità della Bosnia-Erzegovina per l’acquisizione di atti, testimonianze o prove utili all’indagine e per garantire che episodi di simile disumanità non possano ripetersi e che le vittime dell’assedio di Sarajevo ricevano pieno rispetto e giustizia.
“L’ordinanza del Consiglio di Stato che rimette alla Corte di Giustizia Europea la decisione sulla produzione e vendita delle infiorescenze di canapa è un passo nella giusta direzione. È tempo che il massimo organo giudiziario europeo faccia chiarezza sulle scelte del Governo italiano, che stanno penalizzando un comparto agricolo innovativo e con migliaia di giovani addetti come questo. Il Governo smetta di alimentare confusione sul tema della canapa, faccia un passo indietro dalle decisioni assurde che ha assunto e affronti la questione con serietà, aprendo un confronto con la filiera per definire regole certe e nel pieno rispetto delle norme europee. La canapa industriale, proveniente da varietà certificate e a basso contenuto di THC, non è una minaccia per la sicurezza ma una grande risorsa per l’economia verde e per il Made in Italy.
Serve una cornice normativa stabile che tuteli chi lavora nella legalità, con tracciabilità e controlli seri, e che metta finalmente fine a un approccio ideologico e punitivo. Con un decreto legge urgente la maggioranza ha messo in ginocchio un intero settore. La vera urgenza che dovrebbe avere il Governo adesso è quella di porre fine a questa follia. Così come si dovrebbero sospendere tutti i procedimenti penali attesa di pronuncia della Corte Europea. Come Partito Democratico continueremo a batterci per una regolamentazione chiara, europea e moderna, che valorizzi un settore strategico e garantisca legalità e sviluppo sostenibile.”
Così Matteo Mauri, deputato e responsabile Sicurezza del Partito democratico.
“Le gravi e preoccupanti vicende societarie del Rimini Football Club necessitano di adeguato chiarimento in sede istituzionale da parte dei ministri della Giustizia, dell’Interno e dello Sport. Mi riferisco in particolare all’accordo di compravendita di azioni tra la società DS Sport e la società Building Company S.r.l al prezzo di un euro. Quote azionarie sulle quali grava un sequestro del Tribunale delle imprese di Milano, con la nomina di un custode giudiziario. Un acquisto, quello della Building Company, che ha suscitato forti perplessità circa la sua solidità economico-finanziaria e le modalità di acquisizione della società calcistica. A novembre, poi, la Building Company ha annunciato la cessione delle quote societarie all'imprenditore campano, Nicola Di Matteo, che nel 2019, da AD del Teramo, era stato al centro di forti polemiche per alcune sue affermazioni sul tema camorra (‘è una scelta di vita, loro hanno sempre rispetto nei miei confronti e io per loro’). Dichiarazioni che portarono ad una sospensione da ogni evento ufficiale dopo una segnalazione alla Procura Federale. Chiediamo che il Governo attivi tutte le azioni necessarie volte a verificare i diversi passaggi di proprietà ed eventuali profili di legittimità e investa anche la locale Prefettura affinché vigili sull’ottemperanza alle normative preposte al contrasto di ogni tipo di azione fuori dal perimetro rigoroso delle norme e che siano attivate tutte le procedure atte a prevenire eventuali infiltrazioni della criminalità nell’economia legale”.
Così il deputato dem, Andrea Gnassi, promotore dell’interrogazione sottoscritta anche da Mauro Berruto, responsabile Sport, e Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd. L’interrogazione verrà riproposta anche in commissione Antimafia.
«Le notizie sul presunto coinvolgimento di cittadini italiani nell’orrenda pratica dei cosiddetti "cecchini del weekend" durante l’assedio di Sarajevo, e sulla possibile conoscenza dei fatti da parte dei servizi segreti, lasciano sgomenti. Se confermate, rappresenterebbero una macchia gravissima per il nostro Paese e per la memoria di una delle più grandi tragedie d’Europa nel dopoguerra».
Lo dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico, che aggiunge: «In una democrazia, la verità non può essere sacrificata sull’altare del silenzio o della ragion di Stato. Il Governo deve fornire al Parlamento e all’opinione pubblica ogni elemento utile a chiarire quanto avvenuto e a verificare se istituzioni italiane fossero a conoscenza o meno di questi crimini».
«Il nostro dovere - conclude Scarpa - è garantire giustizia e trasparenza, nel rispetto delle vittime e della storia europea. Tacere o minimizzare sarebbe un insulto alla memoria di chi ha perso la vita sotto l’assedio e alla coscienza civile del nostro Paese».
"Sembrava un'impresa impossibile, invece il primo, fondamentale, passo è stato fatto: il sesso senza consenso è stupro.
Il testo approvato ieri sera all'unanimità in Commissione Giustizia della Camera nasce dalla mia proposta di legge e introduce il principio fondamentale del consenso. Una svolta culturale decisiva che tutela le vittime di stupro, tutte quelle donne che durante una violenza, paralizzate dalla paura, non riescono a ribellarsi e che, per questo, nei tribunali vengono considerate consenzienti.
E' stato un bel lavoro di squadra tra donne di opposizione e di maggioranza, a partire da Elly Schlein che ringrazio per l'interlocuzione con Giorgia Meloni, che si sono unite per fare, insieme, questo passo avanti.
Ora la legge è pronta per l'aula di Montecitorio dove la discuteremo prestissimo. La strada è quella giusta: restiamo unite, portiamo a casa questo enorme risultato!". Lo scrive sui suoi canali social Laura Boldrini deputata PD e prima firmataria della proposta di legge.